Napoli. Due membri del clan Potenza arrestati con l'accusa aggravante del metodo mafioso

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Agenti del Centro Operativo D.I.A. stanno eseguendo in queste ore un’ordinanza di applicazione di misura coercitiva emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Napoli su richiesta della locale D.D.A. nei confronti di Bruno Potenza ( cl.’62), detenuto presso la Casa Circondariale di Santa Maria Capua Vetere, e di Maurizio Di Napoli (cl.’76), destinatario della misura cautelare degli arresti domiciliari.

Le misure restrittive arrivano a conclusione di indagini coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Napoli. Potenza è ritenuto responsabile di favoreggiamento, aggravato dal metodo mafioso, nei confronti di Antonio Lo Russo, già esponente di vertice dell’omonimo clan ed oggi collaboratore di giustizia. In particolare, nell’ambito delle indagini svolte, supportate dalle dichiarazioni di collaboratori di giustizia, ma anche da attività tecniche, è emerso che Bruno Potenza, durante il periodo della latitanza di Lo Russo, durato dal maggio 2010 all’aprile 2014, ha ricevuto da questi la somma di 500.000 euro , consapevole che si trattasse di parte della cassa del clan, al fine di aiutare il latitante a “diversificare” i rischi di sequestro da parte dell’A.G. tramite il ricorso a diverse modalità di custodia dei profitti economici delle attività delittuose cui la sua organizzazione era dedita da anni.

Inoltre il Potenza e Di Napoli sono ritenuti responsabili, da parte della Procura della Repubblica, di interposizione fittizia di beni, avendo il primo attribuito fittiziamente al secondo la titolarità della società cui è riconducibile l’attività di ristorazione – sala per ricevimenti denominata Villa delle Ninfe con sede a Pozzuoli, al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione.

In particolare, nell’ambito delle indagini, supportate come detto anche da attività tecniche oltre che da mirati accertamenti patrimoniali, è emerso che la gestione del ristorante, ad onta della formale conclusione di un contratto di fitto d’azienda con una società apparentemente “terza”, era sempre stata di Bruno Potenza, anche durante la detenzione di quest’ultimo il quale, colpito da un ordine di esecuzione emesso dalla Procura Generale per un residuo di 5 anni e 3 mesi di reclusione in esecuzione di sentenza di condanna, si era presentato presso il carcere di Santa Maria Capua Vetere ove, allo stato, risulta ristretto.

Non è la prima volta che i beni riferibili ai fratelli Potenza, famiglia della zona di S. Lucia storicamente dedita al contrabbando di sigarette fino agli anni ’90, poi stabilmente dedita all’usura nel cui ambito investiva gli stessi proventi così accumulati negli anni, sono stati oggetto di sequestro. Da ultimo, nel luglio 2017, sempre la DIA di Napoli aveva dato esecuzione alla misura di prevenzione patrimoniale del sequestro di beni mobili, immobili, tra i quali anche il ristorante Villa delle Ninfe, e disponibilità finanziarie emessa, ai sensi della normativa antimafia, dal Tribunale di Napoli - Sezione Misure di Prevenzione, nei confronti dei fratelli Potenza per un valore di circa € 20.000.000.



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