25 aprile, Mattarella a Genova: il discorso integrale, cosa ha detto
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(Adnkronos) - "Celebriamo oggi qui, a Genova, l’ottantesimo anniversario della liberazione dalla dittatura fascista e dalla occupazione nazista. Una regione, la Liguria che, ricca di virtù patriottiche, tanto ha contribuito alla conquista della libertà del nostro popolo". E' iniziato così il discorso integrale pronunciato oggi 25 aprile dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella a Genova in occasione dell'80esimo anniversario della Liberazione.
"Rendiamo onore alle popolazioni che seppero essere protagoniste nel sostenere e affiancare i partigiani delle montagne e delle città. Dalla città di Genova, Medaglia d’oro al valor militare per la lotta di Liberazione che – recita la motivazione - ”piegata la tracotanza nemica otteneva la resa del forte presidio tedesco, salvando così il porto, le industrie e l’onore”, alla città di Savona, Medaglia d’oro, insignita per “l’ostinazione a non subire la vergogna della tirannide”, alle Province di Imperia e di La Spezia, anch’esse Medaglie d’oro. Così come alle Città di La Spezia e di Albenga, alla Provincia di Genova, insignite di Medaglia d’oro al valor civile per la Resistenza. Alle Croci di guerra assegnate, con la stessa motivazione, ai Comuni di Rossiglione, San Colombano Certenoli in val Cichero, Zignago, Albenga", ha continuato.
"Dalla Liguria è venuta allora una forte lezione sulla moralità della Resistenza, sulle ragioni di fondo che si opponevano al dominio dell’uomo sull’uomo, si opponevano a un conflitto nato non per difendere la propria comunità ma come aggressione alla libertà di altri popoli. Assumendo comportamenti elementari di rispetto e di solidarietà i partigiani si uniformavano a quel Codice di Cichero, che faceva sì che, nelle formazioni, il capo dovesse mangiare per ultimo, potesse addormentarsi solo una volta accertato personalmente che tutto funzionasse e fosse in ordine, avesse i turni di guardia più gravosi, che non si bestemmiasse, che non si molestassero le donne, che non si requisisse senza pagare il dovuto, che si dovesse dividere con gli altri qualunque cosa si ricevesse. Fraternità", ha detto ancora Mattarella.
"Un’esperienza che ha tratto ispirazione da una figura, quella di Aldo Gastaldi, il partigiano 'Bisagno', comandante della Divisione Garibaldi-Cichero, protagonista di un impegno per la Patria, la giustizia, la libertà, considerato come servizio d’amore, oltre che esercizio di responsabilità. Morto drammaticamente un mese dopo la Liberazione, Medaglia d’oro al valor militare, la Chiesa di Genova ha determinato di dare avvio al processo canonico di beatificazione di questo Servo di Dio. Poc’anzi, al cimitero di Staglieno, ho reso omaggio ai caduti del movimento della Resistenza e, con loro, ho reso idealmente omaggio alle figure dei patrioti dei due Risorgimenti che in esso sono ospitati", ha affermato il capo dello Stato.
"Nel 1945 l’Italia si univa nuovamente - Sud e Nord - dopo che quest’ultimo era stato separato e trattenuto in ostaggio dai nazisti e dalla Repubblica di Salò. Tante le sofferenze e i caratteri originali della Resistenza ligure, solidamente collegata ai centri di Torino e di Milano e destinata, come essi, a soffrire sino in fondo la barbarie nazista e fascista. Con le stragi della Pasqua di sangue del 1944 alla Benedicta, di Fontanafredda di Masone, all’Olivetta di Portofino, a Costa Binella di Testico, alla Foce del Centa di Albenga, a Molini di Triora, Torre Paponi di Pietrabruna ove due sacerdoti vennero arsi vivi, a Ressora di Arcola. Qui si sviluppa la maturazione politica di patrioti che sanno assumere, accanto alle operazioni militari di sabotaggio e di contrasto alle forze di occupazione, responsabilità di governo - ha continuato - Qui si collocano anelli di quell’arco di esperienze di 'zone libere' che confermano la presenza sul territorio delle formazioni partigiane e la stretta relazione con le popolazioni. Qui, con la libera Repubblica di Pigna e di Triora nell’Imperiese, di Torriglia nel Genovese, della Repubblica del Vara in Alta Val di Vara nello Spezzino, emerge la dimostrazione della estraneità tra regime e popolazioni. Questo si manifestava nelle vallate, e trovava conferma nelle città dalle quali migliaia di donne e uomini vennero ignobilmente avviate al lavoro coatto in Germania, alla deportazione verso il lager di Mauthausen. E la fabbrica, le fabbriche, si manifestarono, una volta di più, luoghi di solidarietà, scuole di democrazia, con la crescita di coscienza sindacale, e la costituzione delle squadre di difesa operaia".
"Con gli scioperi nel Savonese e nello Spezzino alla fine del 1943 e nel 1944, che conferirono una forte spinta all’allargamento del consenso verso il movimento partigiano. Gli scioperi a Genova del 1943 sino al giugno del 1944, sino allo sciopero insurrezionale del 1945. Il crollo del fronte interno del regime si manifestava giorno dopo giorno. Il Bando Graziani per l’arruolamento nei reparti fascisti aveva dato un involontario contributo ai partigiani: posti di fronte al dilemma o repubblichini o in fuga, molti giovani sceglievano la strada della montagna, superando ogni attendismo. I partigiani facevano terra bruciata dei tentativi repubblichini di organizzazione amministrativa: bruciare i registri anagrafici della Rsi impediva, di fatto, sia le requisizioni dei beni dei cittadini, sia i tentativi di coscrizione obbligatoria. Da taluno si è argomentato come il contributo “militare” recato dalla Resistenza non sia stato decisivo per il crollo della Linea Gotica costruita dai tedeschi per ostacolare la risalita della penisola da parte degli Alleati e del Corpo Italiano di Liberazione. Al contrario, come è noto, e il 1944 lo ebbe a dimostrare, le forze dell’Asse in campo avevano difficoltà a presidiare, allo stesso tempo, le aree verso le quali premevano le forze alleate e le zone interne sempre più nelle mani della Resistenza. Veniva ascoltato l’ammonimento rivolto da Giuseppe Mazzini ai tanti che, all’epoca, confidavano nell’intervento d’oltralpe: “più che la servitù, temo la libertà recata in dono”.
La aspirazione profonda del popolo italiano, dopo le guerre del fascismo, era la pace. Il regime aveva reso costume degli italiani la guerra come condizione normale: non la guerra per la vita ma la vita per la guerra. La Resistenza si pose l’obiettivo di raggiungere la pace come condizione normale delle relazioni fra popoli. In gioco erano le ragioni della vita contro l’esaltazione del culto della morte, posto come disperata consegna dalle bande repubblichine. La Resistenza cresceva in tutti i Paesi europei sotto dominazione nazista. Si faceva strada, dalla causa comune, la solidarietà, in grado di superare le eredità delle recenti vicende belliche. Anche dalle diverse Resistenze nacque l’idea dell’Europa dei popoli, oggi incarnata dalla sovranità popolare espressa dal Parlamento di Strasburgo. Furono esponenti antifascisti coloro che elaborarono l’idea d’Europa unita, contro la tragedia dei nazionalismi che avevano scatenato le guerre civili europee.
Un nome per tutti qui a Genova, quello di Luciano Bolis, esponente del Partito d’Azione, orrendamente torturato dalle Brigate nere nel febbraio 1945, miracolosamente sopravvissuto. Medaglia d’argento al valor militare, riposa ora a Ventotene, accanto ad Altiero Spinelli. Difendere la libertà dei popoli europei è compito condiviso. Ora, l’eguaglianza, la affermazione dello Stato di diritto, la cooperazione, la stessa libertà e la stessa democrazia, sono divenuti beni comuni dei popoli europei da tutelare da parte di tutti i contraenti del patto dell’Unione Europea. La libertà delle diverse Patrie è divenuta la liberazione dell’Europa da chi pretendeva di sottometterla. E fu una lotta così vera da coinvolgere anche persone che i nazisti pretendevano opporre ai partigiani. La solidarietà internazionale si misurò sulle montagne liguri come altrove con l’apporto recato dai tanti che, venuti da patrie lontane, si erano uniti alla Resistenza. Desidero richiamare la figura del partigiano “Fiodor”, (Fiodor Andrianovic Poletaev), ucciso nella battaglia di Cantalupo il 2 febbraio 1945.
A lui, giunto dalla Russia, la Repubblica Italiana ha voluto conferire la Medaglia d’oro al valor militare. Una strada di Genova reca il suo nome. La vita democratica, come si è constatato, cresceva nel carattere proprio alle forze antifasciste genovesi che, accanto alla presenza a di cinque partiti nei CLN del Nord Itali (azionisti, comunisti, democristiani, liberali, socialisti) annoverava una sesta forza politica, il partito mazziniano repubblicano. Questione del tutto peculiare, per dirimere la quale, dal CLNAI, venne inviato Sandro Pertini, settimo Presidente della nostra Repubblica. Oggi, nella sua regione, ne vogliamo onorare la memoria.
La sua figura induce a ricordare che la partecipazione politica è questione che contraddistingue la nostra democrazia. E’ l’esercizio democratico che sostanzia la nostra libertà. Da questi principi fondativi viene un appello: non possiamo arrenderci all’assenteismo dei cittadini dalla cosa pubblica, all’astensionismo degli elettori, a una democrazia a bassa intensità. Anche per rispettare i sacrifici che il nostro popolo ha dovuto sopportare per tornare a essere cittadini, titolari di diritti di libertà. Il rovinio del posticcio regime di Salò, la progressiva sconfitta del nazismo apparivano ormai irreversibili e a Genova, importante bastione industriale, si posero le condizioni dell’insurrezione e, come abbiamo ascoltato, un esercito agguerrito si arrendeva al popolo. Ridurre le forze tedesche a trattare con i partigiani non fu facile.
Preziosa fu la mediazione dell’Arcivescovo di Genova, il Cardinale Pietro Boetto - dichiarato “giusto fra le nazioni” per il soccorso prestato agli ebrei - per giungere a siglare la resa del comando tedesco nella sua residenza di Villa Migone, tra il generale Meinhold e il presidente del CLN Remo Scappini (“Giovanni”). Sarebbe toccato al partigiano Pittaluga - Paolo Emilio Taviani - annunciare la mattina seguente: Genova è libera. Il generale Meinhold – condannato a morte da Hitler come traditore - avrebbe poi scritto: “era la sorte della città e, quello che più contava la vita di migliaia di persone da tutte e due le parti che doveva starci a cuore…. La mia coscienza mi vietava di sacrificare ancora un sol uomo”.
Il rischio che Genova finisse distrutta come Varsavia era sventato. Si apriva la stagione dei diritti umani delle persone e dei popoli, per prevenire i conflitti, per affermare che la dignità delle persone non si esaurisce entro i confini dello Stato del quale sono cittadini. Non ci può essere pace soltanto per alcuni. Benessere per pochi, lasciando miseria, fame, sottosviluppo, guerre, agli altri. E’ la grande lezione che ci ha consegnato Papa Francesco. Nella sua “Fratelli tutti”, ci ha esortato a superare “conflitti anacronistici” ricordandoci che “ogni generazione deve far proprie le lotte e le conquiste delle generazioni precedenti e condurle a mete ancora più alte…Non è possibile accontentarsi di quello che si è già ottenuto nel passato e fermarsi, e goderlo come se tale situazione ci facesse ignorare che molti nostri fratelli soffrono ancora situazioni di ingiustizia che ci interpellano tutti”.
Ecco perché è sempre tempo di Resistenza, ecco perché sono sempre attuali i valori che l’hanno ispirata. A Genova si espresse e si affermò il respiro della libertà. Un’anima che non sarebbe mai stata tradita. Un patto, un impegno, che non sarebbero venuti meno neppure quando, negli anni ‘70, il terrorismo tentò di aggredire le basi della nostra convivenza democratica. E dalle fabbriche venne una risposta coraggiosa, esigente, che si riassume nel nome di Guido Rossa. La sua testimonianza appartiene a quei valori di integrità e coraggio delle persone che, anche qui, edificarono la Repubblica. Viva la Liguria partigiana, viva la libertà, viva la Repubblica", ha concluso.