Il Sannio ed il Sud tra Legge di Stabilita' e Masterplan

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Il Governo ha reso noto le linee guida e le proposte che anticipano il Masterplan, il piano voluto da Renzi per far ripartire il Sud. Si tratta di ‘Patti’, ben 15, tra Governo, Regioni e cittá metropolitane. In queste ore è all’esame della Commissione Bilancio del Senato anche la Legge di Stabilità.

Doveva essere pronto a settembre, ma a quanto pare sono giunte solo nuove anticipazioni sul Masterplan, il piano messo in piedi da Renzi per il Sud. Il Mezzogiorno, boccheggia, secondo lo Svimez e più che linee guida le prime informazioni fornite dal Governo sembrano più inviti rivolti a “coloro che vogliono scrivere con noi una pagina nuova”. In realtà però, delle misure urgenti servono, soprattutto alle aree interne che si ritrovano tagliate fuori dall’asse dello sviluppo.

La Legge di Stabilità ed il Masterplan: focus sul Sannio


Per quanto riguarda il Sannio, ad interessare maggiormente i cittadini e non solo, è l’art. 26 sulle catastrofi naturali ed il suo fondo da 1,5 miliardi che lo accompagna. Fondo che potrebbe essere attivato per la prima volta, anche per risarcire i privati e le aziende colpite dall’alluvione che il 15 ed il 19 ottobre scorso ha messo in ginocchio Benevento e provincia. Per quanto riguarda invece il Masterplan, non si parla espressamente di Sannio ma di progettare il rilancio del Sud anche attraverso alcune infrastrutture che potrebbero attraversare il territorio, come l’Alta Velocità.

Il divario tra Nord e Sud


Bisogna partire da un punto fermo ossia il gap che c'è  tra Nord e Sud. Solo nel periodo 2001-2013 il divario produzione - reddito tra Mezzogiorno e Centro-Nord si è allargato. Secondo il Governo però “oggi si avvertono alcuni primi segnali positivi: nel secondo trimestre di quest’anno l’occupazione (+2,1% nel Mezzogiorno contro +0,8% in media nazionale) come pure le esportazioni verso i mercati internazionali (+7% al Sud nel primo semestre contro +5% nazionale) sono aumentate in misura maggiore nel Mezzogiorno rispetto alla media nazionale”.

Attenzione però, perchè come spiegano da Palazzo Chigi “il Pil prodotto nel Mezzogiorno è pari solo al 20% del Pil nazionale; la quota del nostro export prodotta nel Sud è ancora più bassa, il 10%; il tasso di occupazione è il 42,6% contro un dato nazionale al 56,3”.

Le misure

Ma cosa serve al Sud per ripartire in maniera reale? Secondo il Governo le infrastrutture ed i servizi con circa 95 miliardi di euro messi a disposizione di un nuovo sviluppo. Insomma, le risorse ci sono ed i segnali sono positivi ma precisano, “si tratta di un progetto che non cala dall’alto le soluzioni ma fa leva sulle capacità e sulla voglia di mettersi in gioco dei cittadini e delle istituzioni meridionali: mettere in movimento la società civile del Mezzogiorno affinché diventi protagonista di una nuova Italia, l’Italia della legalità, della dignità del lavoro, della creatività imprenditoriale, in una parola del progresso economico e civile”.

Tre i punti di azione da effettuare in sinergia con i governi locali, “Il recupero del ritardo nell’utilizzo dei Fondi strutturali stanziati nel ciclo di programmazione europea 2007-13: la percentuale di utilizzo dei Fondi lasciata in eredità dal Governo Berlusconi era solo del 15% al 31 dicembre 2011, cioè al termine del quinto anno del periodo programmatorio; al 30 giugno scorso siamo arrivati all’80% e stiamo lavorando con Ministeri e Regioni responsabili dei programmi per arrivare al 100% di utilizzo dei Fondi entro la scadenza del 31 dicembre 2015. L’avvio della Programmazione 2014-20: a oggi abbiamo già ottenuto l’approvazione da parte della Commissione di 49 programmi nazionali e regionali sui 50 previsti. La risposta alle crisi aziendali: siamo intervenuti, con strumenti come i contratti di sviluppo e gli Accordi di programma, a fronteggiare situazioni di crisi di singole aziende e di aree a rischio di desertificazione industriale”.

A tutto questo, vanno aggiunti dei tasselli che vadano a completare o in un certo qual modo a riempire i buchi degli interventi fatti partire negli anni passati con la Cassa del Mezzogiorno. Interventi che alla lunga si sono rivelati solo dei palliativi. Obiettivo del Masterplan è quello di valorizzare i “punti di forza del tessuto economico meridionale”. Ma come?

“Liberalizzazione e riforma dei mercati, nuove regole fiscali - rafforzamento ACE e riduzione dell’IRES - Fondo Centrale di Garanzia, minibond che sostengano l’accesso al credito per tutte le imprese sane”. Ovviamente per favorire la svolta, bisogna puntare anche un cambio di rotta del modello educativo e della valorizzazione del merito, quindi utilizzo de ‘La Buona Scuola’ e dei Fondi europei dei Programmi operativi nazionali “Per la Scuola” e “Sistemi di politiche attive per l’Occupazione” per curare la riqualificazione dei lavoratori e la loro occupabilità”.

Ed inoltre, va aggiunto, “capacità di direzione pubblica: capacità di programmazione (le riprogrammazioni che si sono rese necessarie per accelerare l’utilizzo dei Fondi europei 2007-13 segnalano errori di programmazione che non devono ripetersi con i Fondi 2014-20); semplificazione amministrativa, sfoltimento dei vincoli normativi e regolamentari e attribuzione chiara di responsabilità a ogni amministrazione; riforma del Titolo V della Costituzione in modo da superare le sovrapposizioni di competenze tra livelli di governo”, che è però un’arma a doppio taglio e che potrebbe rivelarsi un regalo enorme per gli speculatori soprattutto sul piano delle ricerche petrolifere e la creazione di parchi eolici e dunque di consumo del suolo, inquinamento e devastazione dei territori, e Piano Junker con Cassa Depositi e Prestiti e Banca Europea degli Investimenti.

Poi ci sono i piani: dalle multiutility che prenderanno il posto delle partecipate alla banda ultralarga, “già stanziati 3,5 miliardi sul Fondo Sviluppo e Coesione e 2 miliardi sui Programmi Operativi Regionali, Alta Velocità sugli assi adriatico e tirrenico e sulla Napoli-Bari-Taranto e all’ammodernamento del sistema ferroviario in Sicilia e Sardegna; dal Piano della portualità e della logistica che punta a fare dell’Italia e in particolare del Mezzogiorno un hub delle merci per tutta l’Europa al Piano degli aeroporti che rafforza le linee da e per il Sud e al risanamento e sviluppo degli assi viari portanti; dalle interconnessioni che superano i principali colli di bottiglia che ostacolano il funzionamento del sistema elettrico alle infrastrutture del gas, rigassificatori, interconnessioni con l’estero, dorsale Sud-Nord che aumentano la sicurezza degli approvvigionamenti di tutte le regioni e, aumentando la concorrenza, riducono il prezzo del gas. E poi c’è la cura delle capacità innovative tecnologiche e organizzative del sistema produttivo meridionale: qui sarà fondamentale la finalizzazione al sostegno delle iniziative imprenditoriali più avanzate del Programma operativo nazionale Ricerca e Competitività, mentre il PON Cultura svolgerà un ruolo fondamentale di sviluppo degli attrattori culturali di cui il Mezzogiorno è ricco per la diffusione di attività turistiche che valorizzino le peculiarità del territorio”.

I Fondi ed i Patti


Arriviamo ai soldi. Si parla di 95 miliardi stanziati è da utilizzare entro il 2023, 7 miliardi solo per il 2016 che giungeranno dai “Fondi strutturali (FESR e FSE) 2014-20 pari a 56,2 miliardi di euro”, a cui vanno sommati i “ 32,2 miliardi di euro europei e i 24 miliardi nazionali, cui si aggiungono fondi di cofinanziamento regionale per 4,3 miliardi di euro, e Fondo Sviluppo e Coesione, per il quale sono già oggi disponibili 39 miliardi di euro sulla programmazione 2014-20”. Sulla Governance, “il Governo interverrà costituendo e guidando la Cabina di Regia Stato-Regioni del Fondo Sviluppo e Coesione, che dovrà allocare le risorse in modo da massimizzare le sinergie con i Fondi strutturali allocati sui Programmi operativi nazionali e regionali”. Poi ancora ci sono i Patti per il Sud, che sono 15 e che serviranno a “definire per ognuna di esse gli interventi prioritari e trainanti, le azioni da intraprendere per attuarli e gli ostacoli da rimuovere, la tempistica, le reciproche responsabilità”. 8 per le Regioni e 7 per le Città Metropolitane: Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia, Sardegna. Napoli, Bari, Taranto, Reggio Calabria, Palermo, Catania, Cagliari.

Molte di queste norme, sono però messe in discussione dall’approvazione della Legge di Stabilità che oggi è approdata alla Commissione Bilancio per l’esame emendamenti che sono oltre 3mila. Si va dalle pensioni con l’ampliamento della ‘no tax area’ alla casa con l’eliminazione di Imu e Tasi all’ampliamento del Fondo Garanzia. Nuove norme sono previste anche per la PA, i Caf e Patronati, Rai, tra blocco del turnover al 25%, tagli e pagamento del canone in bolletta.

Michele Palmieri



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