Polemica sul libro del figlio di Riina. El Kozeh: "Censura non e' soluzione"

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E' dibattito acceso sulla decisione assunta dal sindaco di Benevento, Fausto Pepe, di vietare la vendita del libro “Riina Family Life”, scritto dal figlio del superboss Totò Riina, sul territorio cittadino. Per Jean Pierre El Kozeh è censura.

“Se non considerassi la cosa di una gravità estrema la derubricherei con una battuta usando un neologismo appena inserito nella Treccani: salvinata. Altrimenti la prudenza consiglierebbe un comodo silenzio visto il tenore dell’argomento da catalogare tra quelli da «maneggiare con attenzione». Eppure non si può tacere di fronte al gravissimo delitto commesso dal sindaco Pepe con la sua messa all’indice del libro di Riina”.

Comincia così la riflessione di Jean Pierre El Kozeh, operatore ed imprenditore culturale sannita sulla vicenda del divieto di vendita del volume “Riina Family Life”. Una decisione quella di Fausto Pepe che è rimbalzata anche sui quotidiani extraregionali. El Kozeh, critica dunque la messa al bando del libro additando tale decisione come “censura”.

"«La censura di qualsiasi cosa, in qualsiasi momento, in qualsiasi luogo, su qualsiasi cosa, è sempre stato e sempre sarà l’ultima risorsa dello stupido e del bigotto». diceva Eugene O’Neill. Provo profondissima repulsione per la mafia e ancor più per Rina – continua El Kozeh – che, in particolare per una generazione come la mia che aveva vent’anni all’epoca degli omicidi di Falcone e Borsellino, rappresenta il male assoluto; ma, impopolarmente, da uomo che si occupa di Cultura e che ad essa ha dedicato la vita la provo in maniera uguale per la censura. E, francamente, mi preoccupa molto e un po’ mi indigna il silenzio degli intellettuali, degli artisti, dei giornalisti, delle associazioni e dei docenti della Città che con il loro tacere avvallano di fatto l’atto censorio”.

Insomma per El Kozeh, “abbiamo impiegato secoli e milioni di morti per riuscire a raggiungere quella libertà di parola e espressione che riteniamo ‘valore universale’ e che opponiamo puntualmente e giustamente ai regimi totalitari e dittatoriali. Bene. Non può bastare il libro di un figlio di un delinquente per farci cambiare idea e, soprattutto, rinunciare a un principio così basilare. È un po’ come quando nei film il buono ha sotto tiro il cattivo che ha fatto delle nefandezze inenarrabili e deve decidere se ucciderlo e vendicarsi, diventando di fatto cattivo anche esso, o rispettare la legge e i principi di giustizia in essa insita”.

“Una società matura – si legge ancora nella nota – non ha bisogno di censura perché ha nel suo dna gli anticorpi per respingere i ‘cattivi maestri’ e i loro insegnamenti. Io per questo dico: se ne parli invece! Si apra un dibattito su questo libro e si faccia venir fuori tutta l’indignazione e la rabbia verso la mafia e le sue manifestazioni. Lo si faccia diventare un boomerang per scardinare un sistema di pensiero che ha distrutto il Sud e che ancora oggi lo tiene in ostaggio. Si faccia capire ai nostri giovani che il ‘familismo’ è una forma subdola di corruzione delle menti e delle anime e che arriva a far giustificare anche i delitti più mostruosi solo perché commessi da un consanguineo o, ancor peggio, perché utili agli interessi della famiglia. In altre parole, si opponga all’ingiusto la forza della morale, delle idee e delle parole. Non è la censura la soluzione: mai! Ce lo hanno insegnato i secoli di Storia che ci separano dalla morte di Socrate e che hanno fatto affermare a Gustave Flaubert che «la censura qualunque essa sia, mi sembra una mostruosità, una cosa peggiore dell’omicidio: l’attentato al pensiero è un crimine di lesa anima. La morte di Socrate pesa ancora sul genere umano».

Io confido – conclude – invece nella maturità dei miei concittadini, nel loro spirito critico e nella saldezza dei loro principi morali: questi sono gli anticorpi. E se il Sindaco di una Città che si definisce ‘di cultura’ pensa che la sua comunità non li abbia faccia il suo dovere di guida e si attivi promuovendo iniziative utili a farli sviluppare piuttosto che emettere ordinanze che, oltre essere prive di fondamento giuridico, minano profondamente i valori basilari della nostra democrazia creando il pericolosissimo precedente per cui questi possano essere in qualsiasi momento sospesi da un’ordinanza sindacale emessa, magari, per farsi un po’ di propaganda. Una salvinata, in questo caso, molto pericolosa”.

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