Diocesi Cerreto. “iCare” diventa un caso-studio in una tesi di laurea in Diritto Commerciale

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La studentessa Grazia Carlo che ha redatto il lavoro: “Il sogno del vescovo Mimmo e di un gruppo di giovani è diventato segno”.

“La cooperativa di comunità come nuovo possibile modello di sviluppo. Il caso iCare”. È questo il titolo della tesi di laurea in Diritto Commerciale con cui la studentessa Grazia Carlo, 24 anni, di Castelvenere, ha conseguito la laurea magistrale in Giurisprudenza lo scorso martedì 22 gennaio, presso l’Università degli Studi del Sannio di Benevento. Nell’opera la studentessa ha presentato “iCare” come una realtà estremamente innovativa, sia per il modello di governance applicato sia in quanto prima esperienza di questo tipo sul territorio. La cooperazione di comunità, infatti, in generale rappresenta la più recente evoluzione del fenomeno cooperativo. Nel complesso contesto attuale, Grazia ha voluto focalizzare l’attenzione su un modello d’impresa che opera seguendo logiche di condivisione ed inclusione, allo scopo di rigenerare un territorio svuotato di relazioni o attività, consentendo ai membri della comunità di trovare una risposta alle loro esigenze, un lavoro e allo stesso tempo di non lasciare i luoghi di nascita, rispettandone le esigenze ambientali.

“Ho voluto evidenziare – aggiunge la neolaureata, delegata parrocchiale della stessa “iCare” e consigliere Acr nel Consiglio diocesano di Azione Cattolica – come sia possibile coniugare socialità e discorso economico: il concetto di comunità si amplia, da ambiente per la generazione e condivisione di valori etici e risorse culturali, a infrastruttura in grado anche di produrre beni e servizi secondo una logica economica, senza tuttavia perdere la propria dimensione sociale. Un ruolo fondamentale nella genesi di una cooperativa di comunità spetta agli abitanti del territorio coinvolto, i quali, dinanzi a bisogni comuni derivanti da un condizione generale del territorio oppure da fatti di rottura o cambiamento, non si accontentano di promuovere un’istanza politica o culturale, ma si propongono un’azione comune rispondente”.

Nel suo lavoro, partendo da un’analisi della cooperazione tradizionale e poi della cooperativa sociale (il modello dotato di un fondamento legislativo più simile alla cooperativa di comunità), ha chiarito il concetto di cooperativa di comunità, in assenza di una precisa definizione giuridica da parte del legislatore nazionale e dato spazio alla dimensione pratico-esperienziale, soffermandosi sull’analisi dello Statuto e sulla descrizione delle attività concretamente svolte, nonché sulla coerenza di queste ultime con le stesse previsioni statutarie. Inoltre ha tenuto a specificare che i servizi attualmente presenti ed offerti finora erano assenti sul nostro territorio. Il riferimento è ai progetti DolceMente (il laboratorio di pasticceria di comunità), EcoLab (il laboratorio di riciclo creativo e di sartoria sociale), allo Sportello di Ascolto “DIT – Do it Together”, alla Casa delle Donne e, infine, alla progettualità sull’Agricoltura Sociale. Vero e proprio spazio di comunità dove tante persone lavorano, abitano e usano nuovi spazi, costruendo relazioni, condividendo e realizzando idee.

“Soddisfacente – spiega infine Grazia – è stata la risposta della comunità alle attività di sensibilizzazione sul tema delle fragilità; riscontro di ciò sono anche la disponibilità dei molti volontari e la crescente richiesta dei prodotti della cooperativa. Sembra, insomma, che un sogno, il sogno nato un’intuizione del vescovo Mimmo e di un gruppo di giovani, sia divenuto segno. Segno che, al crescere della cooperativa e delle sue attività, si fa a poco a poco sempre più concreto”.

Al settimo cielo, naturalmente, per tale notizia la presidente della cooperativa iCare Mirella Maturo, che esprime piena gratitudine. “Non possiamo che essere totalmente grati a Grazia per il suo lavoro. Ha messo a frutto la sua competenza studiando la cooperativa dal punto di vista giuridico. E, quindi, per questo la cooperazione sociale di comunità è ancora di più un modello sperimentale virtuoso. Non possiamo, dunque – conclude Maturo – che essere orgogliosi di avere nella nostra community di iCare una persona che ha portato, anche a livello scientifico, questo modello nato dal basso”.



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