Francesca Del Duca: "Per me la musica e' sentimento. Ho girato tanto ma Napoli mi chiama sempre"
9:24:34 11272Uno dei motori del tour di Eugenio Bennato - senza dubbio - è la bravissima Francesca Del Duca. Percussionista e vocalist con trascorsi in America e Australia; Francesca – tra l’altro figlia d’arte – ha iniziato a collaborare con Eugenio in punta di piedi e con l’umiltà dei grandi, fino a diventare un elemento preziosissimo dell’intera band.
Il lungo tour di Bennato ha fatto tappa anche Ginestra di San Giorgio Del Sannio, ma con Francesca partiamo un po' dalle origini; in particolare da come ha conosciuto Eugenio: "Ho avuto modo di conoscerlo attraverso Elio100gr., fondatore di un gruppo chiamato Bisca. Elio lo conobbi pochi mesi dopo il mio rientro in Italia, attraverso un amico musicista che avevamo in comune. Chiesi a questo ragazzo se conoscesse qualche collega con il quale potermi mettere in contatto, ed ecco che mi presentò Elio. Cominciò a lavorare al mio disco che, rispetto alla musica di Eugenio, era di tutt'altro altro genere. Eravamo nell’estate del 2015. Nel 2017 - però - stava lavorando al disco di Bennato. Visto che serviva qualcuno che cantasse in inglese non esitò a contattarmi. A dire il vero si trattò di un incontro fortunato: nel giro di due giorni, Eugenio mi chiamò a suonare con lui - anche perchè - la percussionista che era nel suo gruppo stava per andare via. Devo tutto ad Elio".
Francesca - improvvisamente - si è trovata in un vortice pazzesco di date ma, al tempo stesso, tutto è molto gratificante: “Con questo tour da 'Che Sud è Sud' stiamo facendo molte date. Ho lavorato anche in America, ma il ritmo era più stabile. La fatica - però - è ripagata alla grande. Quando sono sul palco mi sento come se fossi a casa. A livello personale sto ricevendo tanti attestati di stima. Tutto questo non può che rendermi felice”.
Della band fanno parte elementi di grosso spessore. Francesca ce li presenta un attimo: “Con Sonia è bello cantare. Abbiamo due voci diverse, ma che si fondono bene. Il suo timbro è più graffiante. Il mio, diciamo, più etereo. Poi c’è Mohammed, impressionante! Ogni volta che canta mi emoziona – inoltre – è la prima volta che sono in contatto con una persona musulmana. E’ un qualcosa che mi ha fatto capire tanti aspetti della loro cultura. Tutti, comunque, sono ragazzi veramente bravi: da Mujura (basso e chitarre) che, oltre ad avere un grande senso del ritmo, suona il basso in maniera melodica. Questo modo di interpretare lo strumento, rende unico il suono di tutta la band. Ezio Lambiase è un grande virtuoso della chitarra. Ogni elemento è fondamentale, basta toglierne uno e, anche se la band continuerà a suonare bene, sicuramente non suonerà così. Alcuni di loro - continua Francesca - suonano insieme da più di dieci anni. Entrare a far parte di un gruppo del genere non è mai facile. Pur venendo da posti diversi, devo dire che sono riuscita ad inserirmi abbastanza bene. Per me è stata una bella soddisfazione. Instaurare una certa armonia con persone simili è semplice, il difficile sta nel farlo con elementi diversi”.
Bennato non è solo un grande musicista, ma una persona dall’animo profondo, come lo sono i grandi artisti. “Definire Eugenio in un aggettivo non è facile: se dovessi scegliere una parola, sicuramente direi maestro. Lui è un grandissimo poeta. In verità non conoscevo tanto la sua musica, anche se avevo sentito qualcosa. I suoi pezzi ti trasportano e non mi stanco mai di suonarli. I testi, poi, sono bellissimi”.
Nella musica bisogna fare tanti sacrifici e rinunce, Francesca ne è il classico esempio: diplomatasi nel 2009 al conservatorio G.Martucci di Salerno, si è poi trasferita a New York dal 2010 al 2013.
“I giovani che si avvicinano alla musica devono capire che per ottenere buoni risultati c’è bisogno di tanto studio e sacrificio. Posso solo consigliare di non mollare mai e crederci sempre. I ragazzi - molto spesso - vogliono tutto e subito. E’ importante la ripetizione: qualsiasi cosa, più la ripeti e più ti entra dentro, fino a che non diventa tua”.
Pertanto, ecco un appello ai genitori: “Mi ritengo una persona molto fortunata, perché ho sempre avuto il sostegno dei miei genitori. Sono figlia d’arte: mio padre ha lavorato con Roberto De Simone per Gatta Cenerentola. Parlo anche ai genitori, chiedendogli di sostenere i propri figli se hanno del talento”.
Veniamo ai talent musciali e alla loro utilità: “Sull’utilità o meno dei talent non mi sento di dare un giudizio. E’ un qualcosa di soggettivo. Personalmente non ne sono una grande sostenitrice. Non entro nel merito, anche perché ho un altro modo di fare e vedere la musica. Vengo dal cantautorato, scrivo cose mie. Nei talent - invece - si guarda molto alla tecnica. Per me la musica non è perfezione, ma sentimento. Se questi talent si soffermassero più sulla qualità e sul sentimento, allora sì, che potrebbero venir fuori buone cose. E' tutto - a mio avviso - un po’ meccanico”.
In ogni luogo in cui Francesca è stata ha raccolto esperienze significative: “Ho girato diversi posti. Ogni luogo - è vero - ha le sue culture musicali. Ad esempio - in America il Jazz è una cosa pazzesca. La musica classica indiana - invece - è qualcosa che ti squarcia l’anima. Se il Jazz americano pensiamo di farlo qui da noi, i risultati sono sicuramente diversi. Ogni luogo ha la propria musica. Mi piace mantenere vive le tradizioni. Questa è una cosa che Bennato fa, pur portando avanti un discorso di progresso; perché la sua musica non è solo fatta di strumenti tradizionali, ma anche di strumenti elettrici, come la chitarra o il basso”.
Dulcis in fundo - come si suol dire - non poteva mancare un pensiero sul grande Pino Daniele e sul tema della napoletanità: “Di Pino Daniele ho un grande rimpianto, quello di non essere andata mai ad un suo concerto. Io sono cresciuta con la sua musica. Al liceo cantavo le sue canzoni: Napul’è, Je so pazz, Quann chiove e Terra Mia. Averlo perso così presto è stato un grande dolore - afferma a ilQuaderno.it - . Preferivo il Pino prima maniera, lì veniva fuori la vera Napoli. Il perché molti decidano di andare via da Napoli – probabilmente – deriva dal fatto che vivere qui non è da tutti. Non è semplice entrare in un giro musicale che ti possa permettere di far musica a livello professionale. Sul tema dell'attaccamento alla propria terra posso dirti che ognuno ha le sue motivazioni per scegliere se restare o andare via. Io ho girato tanto, ma Napoli mi chiama sempre. Sono troppo legata a questa città”.
Claudio Donato