Collegi elettorali: il Rosatellum e il gioco dei resti
10:7:44 4518Il 25 settembre si voterà per la seconda volta per il Rosatellum, che, a causa della dimensione ridotta dei collegi proporzionali, risulta molto complicato. Sarebbe stato meglio concentrarsi sulla semplicità.
Ci apprestiamo a votare per la seconda volta con il cosiddetto “Rosatellum” e per la prima volta con un parlamento di soli 400 deputati e 200 senatori.
Il Rosatellum è un sistema misto, in cui circa il 60% dei deputati è eletto con sistema proporzionale a lista chiusa (245 seggi) e quasi il 40% (151) è eletto con sistema maggioritario. A questi si aggiungono i quattro deputati eletti dagli Italiani residenti all’estero. Il sistema misto dovrebbe avere il vantaggio di garantire la governabilità (attraverso la quota maggioritaria) e di produrre un parlamento che rispecchi l’eterogeneità di preferenze degli elettori (attraverso la quota proporzionale).
Per la parte proporzionale, i partiti concorreranno in collegi elettorali molto piccoli (1-8 seggi). Questo potenzialmente potrebbe aiutare a creare un legame tra eletti ed elettori e promuovendo quindi l’accountability, ma il complicato meccanismo attraverso cui sono attribuiti ai singoli collegi i 245 deputati eletti con il sistema proporzionale fa di tutto per spezzare questo legame.
Il legislatore avrebbe potuto scegliere di distribuire questi seggi a livello di collegio, ma questo avrebbe impedito ai partiti più piccoli di ottenere rappresentanza, dato il basso numero di seggi per collegio (5 in media).
Si è scelto quindi di attribuire i 245 seggi proporzionali a livello nazionale e poi “calare” questa attribuzione nelle 28 circoscrizioni e successivamente nei 49 collegi plurinominali.
E’ intuitivo capire che a livello nazionale un partito che ottiene il 25% dei voti otterrà grossomodo il 25% dei seggi; è invece molto complicato capire chi saranno i tre deputati eletti in Basilicata o dove saranno eletti i venti deputati di Azione o Forza Italia.
Come funziona la legge elettorale
Il meccanismo di distribuzione proporzionale dei seggi è il cosidetto metodo Hare (o largest remainder). Immaginiamo ci siano 15 elettori che devono eleggere 5 deputati. Ogni partito riceverà un deputato ogni tre voti. Immaginiamo di avere tre partiti: il partito A riceve 8 voti, il partito B ne riceve 3 e il partito C ne riceve 4.
Assegniamo quindi un deputato ogni tre voti, e ci ritroviamo con due seggi al partito A (8 voti), un seggio al partito B (3 voti) e un seggio al partito C (4 voti). Il quinto seggio sarà attribuito al partito che ha più voti “avanzati”, in questo caso il partito A (più precisamente al partito con il maggiore resto del quoziente tra voti e divisore, in questo caso pari a tre). Ci ritroviamo quindi con il partito A che ha avuto un po’ più seggi del dovuto (grazie ai resti), il partito B che ha avuto esattamente il numero di seggi spettanti, mentre il partito C ha avuto un po’ meno seggi del dovuto (a causa di un “resto” troppo basso).
Questa operazione viene effettuata sui voti dei singoli partiti a livello nazionale per distribuire i 245 seggi tra le liste a livello nazionale. Viene poi ripetuta a a livello di ogni circoscrizione. Proprio per questi giochi di resti, il conteggio a livello di circoscrizione potrebbe assegnare a un partito più o meno seggi di quelli spettanti secondo il conteggio nazionale. Ci ritroviamo quindi con dei partiti “eccedentari” (troppi seggi assegnati nel conteggio circoscrizionale) e dei partiti “deficitari” (l’opposto).
Per sanare questo problema, la commissione elettorale dovrà individuare circoscrizioni in cui il partito eccedentario ha ricevuto l’ultimo seggio grazie ad un “resto” (proprio come il partito A nel nostro esempio) e il partito deficitario ha invece un “resto inutilizzato” (proprio come il nostro partito C dell’esempio).
Questa “corrispondenza di amorosi sensi” avverrà solo in alcune circoscrizioni; tra queste, si sceglierà quindi la circoscrizione in cui il “resto utilizzato” del partito eccedentario è più piccolo. In questa circoscrizione il partito eccedentario cederà un seggio a quello deficitario. L’operazione è ripetuta fino a che tutti i partiti non abbiano ottenuto i seggi spettanti secondo il riparto nazionale.
Questo processo è in realtà compiuto due volte: una prima volta per calare i seggi dal livello nazionale alle 28 circoscrizioni, e una seconda volta (con meccanismi per altro leggermente diversi) nel calare i seggi dalle 28 circoscrizioni ai 49 collegi plurinominali.
Figura 1 – Mappa collegi plurinominali Camera dei Deputati
Fonte: Camera dei Deputati.
Il risultato finale è che è difficilissimo prevedere chi verrà eletto in ciascuna circoscrizione. Il meccanismo di ripartizione nasconde però ulteriori effetti perversi. Guardiamo alle elezioni del 2018 utilizzando i nuovi collegi elettorali, e proviamo a capire cosa succederebbe se, ceteris paribus, gli elettori milanesi della Lega iniziassero a virare verso Fratelli d’Italia. Sarebbe ragionevole aspettarsi che Fratelli d’Italia veda aumentare i propri eletti a Milano a discapito della Lega.
A causa del complicato meccansimo di compensazione appena spiegato, l’effetto è invece diverso e imprevedibile. Se 15,000 leghisti milanesi cambiassero idea e votassero Fratelli d’Italia, Fratelli d’Italia otterrebbe un seggio in più a Cagliari togliendolo a Forza Italia (i cui voti sono rimasti invariati). Forza Italia guadagnerebbe però un seggio in Basilicata, togliendolo alla Lega. Lo sbattere d’ali di qualche elettore leghista a Milano ha creato due piccoli uragani a Cagliari e Potenza, colpendo per sbaglio anche un povero forzista sardo, che ha dovuto lasciare il suo posto ad un collega lucano senza che i voti del suo partito siano cambiati né in Sardegna, né in Basilicata.
Il risultato è devastante per il corretto funzionamento di un sistema elettorale: gli elettori di Milano con il proprio voto (marginale) non contribuiscono all’elezione dei candidati nella propria circoscrizione e quindi non hanno modo di utilizzare il loro voto per punire o premiare chi gli è messo di fronte. Il candidato locale non ha alcun incentivo a cercarsi voti nel proprio collegio, se a trarne beneficio saranno candidati di chissà quale altra parte d’Italia. Da ultimo, è molto complicato per i partiti prevedere quali sono i posti il lista sicuri e quali no. Il risultato potrebbe essere di vedere inavvertitamente eletti i “riempilista”.
Non è la prima volta che il legislatore crea una legge elettorale complicata e macchinosa, generando distorsioni e opacità; ricordiamo il meccanismo dello scorporo nel Mattarellum (poi bypassato maldestramente dalle “liste civetta”), il premio di maggioranza del Porcellum (su base nazionale al netto della Valle d’Aosta per la Camera, su base regionale per il Senato), e il meccanismo bizantino di assegnazione dei seggi nel Rosatellum.
Forse per la prossima legge elettorale si potrebbe cercare di avere come criterio principale la sua semplicità.
Emanuele Bracco - Professore Associato in Economia Politica all'Università di Verona - per gentile concessione www.lavoce.info