Intervista al maestro Mario Romano: "Il Jazz e' liberta', incontro tra musicisti che creano universi musicali"

12:37:32 7335 stampa questo articolo
Il maestro Mario RomanoIl maestro Mario Romano

Per il Quaderno.it abbiamo intervistato il maestro Mario Romano, pianista jazz di origini italo-canadesi. Il Maestro, uomo di Fede e grandissimo devoto di Padre Pio, farà tappa a Pietrelcina sabato 23 settembre alle ore 21 in Piazza SS. Annunziata per un concerto di cui sarà madrina Lina Sastri.

Figlio di immigrati italiani, il maestro Mario Romano nasce a Buenos Aires. Dopo aver vissuto in Argentina per 15 anni, si trasferisce con la sua famiglia in Canada. La passione per la musica gli fu trasmessa dal padre, anch’egli musicista. Il maestro, tra l’altro uomo di profonda fede, è sempre stato vicino ai più bisognosi. Ha scritto anche una composizione in onore di Padre Pio, che eseguirà sabato in quel di Pietrelcina; una delle sue tappe del tour mondiale, prima di ripartire per Medio Oriente e Giappone. Il maestro si esibirà alle 21 in Piazza SS. Annunziata e sarà accompagnato da un quintetto di grandi musicisti. Ci sarà anche la straordinaria partecipazione dell’attrice e cantante italiana Lina Sastri.

Maestro, può raccontarci come nasce la sua passione per la musica? In che modo le è stata trasmessa da suo padre?

“Sono nato nella musica, la musica è una componente del mio DNA. Mio padre lavorava 16 -18 ore al giorno, nonostante ciò al suo rientro a casa trovava sempre il modo ed il momento per suonare qualcosa. Se pur ridotti male, in casa avevamo un organetto, un mandolino ed una chitarra. Mio papà suonava sempre, amava la musica. Mi hanno invogliato a studiarla e, con mille sacrifici, dividendomi tra la scuola secondaria ed il lavoro sui cantieri con mio padre, ho studiato pianoforte. Mi sono laureato in composizione ed esecuzione all’università di York, dove tutti mi definivano un incredibile talento, ma io non faccio altro che perdermi nella musica”.

Com'è nata questa esigenza di creare qualcosa in onore di Padre Pio?

“E’ un modo per dirgli grazie per tutto quello che fa per me, lo sento molto vicino, mi protegge, mi consiglia, mi guida. Padre Pio è un dono di Dio all’umanità”.

Il pianoforte a mio avviso è sinonimo di libertà. Qual è la fusione che si crea tra lei e questo strumento nel momento in cui lo suona?

“Quando mi siedo sullo sgabello del pianoforte, succede un qualcosa di intimo, è una relazione a due, restiamo solo noi due (io ed il pianoforte). Avviene una fusione, un qualcosa che non so spiegare ma che amo vivere. Tutt’intorno a me si crea il vuoto, non esiste più nulla se non le note e la musica. È uno dei pochi momenti in cui mi sento veramente libero, i pesi e le angustie della vita svaniscono al primo pigiar del tasto”.

E' d'accordo sull'affermazione di Keith Jarrett che disse liberate i pianisti classici, perché secondo lui l'uso dello spartito ne blocca e limita la loro creatività?

“La musica è libertà, ogni musicista trova la sua libertà suonando o componendo la musica che preferisce. Io mi sento libero nel Jazz, altri possono sentirsi liberi nella musica classica o nel Rock. La musica di per se è libertà ed ognuno si libera nel suo genere musicale”.

Il jazz nel corso degli anni ha subito varie contaminazioni, passando dal cool jazz, al free jazz e via dicendo. Qual è la sua definizione del Jazz?


“Libertà. Il jazz è un incontro tra musicisti che da una nota all’altra creano un universo musicale”.

Un'ultima domanda legata alla sua esperienza di figlio di immigrati. Lei infatti è nato in Argentina dove era emigrata la sua famiglia prima di trasferirsi in Canada. Cosa si sente di dire ai sanniti, popolo di emigranti, quando si trovano loro a dover dare accoglienza ai migranti?

“Siamo tutti fatti della stessa Materia, siamo tutti figli di un unico Dio e come tali siamo fratelli. Accogliere vuol dire crescere, arricchirsi di nuove culture e nuove tradizioni. Io da figlio di migranti, se pur con qualche difficoltà, ho trovato la mia strada ed il mio successo in una terra d’altri; il Canada, oggi casa mia. Noi siamo da secoli un Popolo di migranti, quindi dovremmo comprendere chi cerca di abbandonare la fame e la miseria alla ricerca di un minimo di fortuna”.

Claudio Donato



Articolo di Persone / Commenti