Arresti, evasioni, latitanza: chi era Graziano Mesina

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Arresti, evasioni, latitanza: chi era Graziano MesinaArresti, evasioni, latitanza: chi era Graziano Mesina

(Adnkronos) - Il simbolo del banditismo sardo, Graziano Mesina, ieri aveva lasciato il carcere di Opera per essere trasferito in ospedale a causa delle sue condizioni di salute ed è morto poche ore dopo. Classe '42, la sua lunga carriera criminale era cominciata a Orgosolo quando aveva solo 14 anni con l'accusa di porto abusivo d'armi. Una vita di reati, arresti, processi, evasioni e latitanze.  

Ventidue tentativi di fuga, dieci dei quali riusciti, hanno contribuito ad alimentare il 'mito' di Mesina. Era la figura di spicco del banditismo sardo e della cosiddetta Anonima sequestri. Questo ruolo lo sfruttò anche a fin di bene, quando durante un permesso premio fece da mediatore per la liberazione del piccolo Farouk Kassam. Questa operazione portò l'allora ministro della Giustizia Roberto Castelli a chiedere la grazia che gli fu concessa nel 2004 dal presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi.  

Tornato in libertà dopo decenni, fu poi travolto nel 2013 dalle accuse di traffico di droga e per lui arrivò un nuova condanna: 30 anni di carcere. Nel 2020, però, piuttosto che tornare in cella decise di darsi all'ennesima latitanza. A fine 2021 fu arrestato a Desulo e dal si trovava 2022 nel carcere di Opera dove, dall'anno successivo aveva iniziato a stare male. Le sue avvocate avevano presentato diverse istanze perché le sue condizioni di salute erano sempre peggiori. Solo ieri avevano ottenuto la scarcerazione e "Gratzianeddu" ha avuto la possibilità di passare fuori da una cella l'ultima notte della sua vita. 

Quando Giangiacomo Feltrinelli giocava a fare il rivoluzionario e sognava di fare della Sardegna "la Cuba del Mediterraneo", tra il 1967 e il '68, "l'editore rosso", erede di una dinastia miliardaria, aveva pensato di coinvolgere nella sua strategia guerrigliera anche Mesina.  

Secondo controversi documenti del Servizio Informazioni Difesa (Sid), portati alla luce dalla Commissione parlamentare sulle stragi nel 1996 - sulla veridicità del contenuto delle 'veline' delle spie romane sono stati, tuttavia, avanzati dubbi da più storici - l'editore di capolavori come "Il Gattopardo" di Giuseppe Tomasi di Lampedusa e "Il dottor Zivago" di Boris Pasternak avrebbe contattato gli ambienti più irriducibili dell'indipendentismo isolano e pensato di finanziare e armare forze locali alla guida del ricercato Gratzianeddu.  

E Feltrinelli non fu l'unico intellettuale a subire il fascino delle gesta criminali di Graziano Mesina. Le vicende dello spietato bandito di Orgosolo nella seconda metà degli anni '60 avevano già lasciato le pagine di cronaca nera dei giornali per alimentare pagine inconfessabili dell'immaginario collettivo. Ne è testimonianza, ad esempio, il film "Pelle di bandito" (1968) del regista Piero Livi (1968): racconta la fuga dal carcere di un certo Mariano in compagnia di uno spagnolo di nome Pedro, ricordando da vicino le vicende del 1966 che videro coinvolti Mesina e Miguel Atienza.  

Direttamente più esplicita, invece, la trama narrata da "Barbagia" (1969), film di Carlo Lizzani: Graziano Mesina (nella pellicola Graziano Cassitta, interpretato da un giovane Terence Hill) e il suo luogotenente Miguel Atienza (Don Backy) sono immortalati nel periodo in cui i sequestri di persona in Sardegna erano frequenti.  

La pellicola fu ispirata dal libro "La società del malessere" (Laterza, 1968, apparso nella collana "I libri del tempo", innovativa per l'epoca e dedicata a grandi inchieste d'attualutà), realizzato dal giornalista sardo Giuseppe Fiori: un'opera che squarciò il velo su un'isola appesantita da secoli di povertà e soprusi, in cui il lavoro - quello estenuante e alienante del pastore - denobilitava l'uomo e nell'amaro sapore di ingiustizie antiche maturavano ambigui desideri di rivalsa. Era in questo panorama desolato della Barbagia che si stagliava Graziano Mesina, "eroe al contrario".  

Oltre al cinema, anche la musica non ha resistito al fascino criminale di Gratzianeddu. "Bandidos" è una canzone dei Tazenda del 2003, ispirata alla fuga di Mesina e Atienza dal carcere di San Sebastiano. "Vero Sardo G" è la canzone dei Sa Razza interamente dedicata a Mesina. Nella prima versione dei Nomadi di "Canzone per un'amica" di Francesco Guccini, incisa su 45 giri nel 1967, si sentiva uno strillone che, fra le altre cose, annunciava che il bandito Mesina era stato arrestato. Infine "Bandolero", canzone del gruppo cagliaritano AlterEgo del 2019 vede la presenza di Graziano Mesina come attore nel loro videoclip. 

Il vecchio bandito è approdato più volte anche in libreria e lui stesso risulta autore della sua autobiografia dal titolo "Io, Mesina" (a cura di Gabriella Banda e Gabriele Moroni), pubblicata da Periferia Editore nel 1993, con prefazione di Indro Montanelli e in appendice una breve galleria fotografica d'epoca. Un'autobiografia, peraltro, compiaciuta e indulgente, dove Graziano Mesina, "uomo molto controverso di cui se ne raccontano veramente tante", si presentava come "l'essenza del banditismo sardo", rappresentante di un "mondo" praticamente scomparso e che, come scriveva Montanelli, è stato sostituito "da qualcosa di ancora peggiore". 

Dopo aver conquistato le copertine dei settimanali, a partire da quelle della "Domenica del Corriere", nel 1968 lo scrittore e giornalista Guido Vergani fu il primo a tentare una biografia con "Mesina" (Longanesi). Nel 1976 uscì "La storia di Graziano Mesina, bandito di Orgosolo" (Il polifilo) di E. Caramel e L. Mirabella Roberti. Giorgio Pisanò ha firmato "Lo strano caso del signor Mesina" (Demos, 1994, ristampato da Il Maestrale nel 2005).  

Lo scrittore Carlo Lucarelli ha raccontato "Graziano Mesina. Il sequestratore" nel volume "in Il genio criminale" di Massimo Picozzi (Mondadori, 2010). Infine va segnalato "La Sardegna dei sequestri. Dalle gesta di Graziano Mesina al rapimento del piccolo Farouk Kassam, dal sequestro di Fabrizio De André e Dori Ghezzi al caso Soffiantini" di Giovanni Francesco Ricci (Newton Compton, 2009). (di Paolo Martini) 



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