Dall'export italiano alle Olimpiadi: l'impatto dei dazi sullo sport

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Dall'export italiano alle Olimpiadi: l'impatto dei dazi sullo sportDall'export italiano alle Olimpiadi: l'impatto dei dazi sullo sport

(Adnkronos) - Il protezionismo diventa sport nazionale. Per il momento, negli Stati Uniti non volano palloni, ma sanzioni. I dazi annunciati dal presidente americano Donald Trump cambieranno l’economia anche in ambito sportivo, considerando che potrebbero colpire alcuni beni o incidere sulla filiera produttiva, aumentando i costi delle materie prime. E innalzando uno steccato difficile da superare per il resto del mondo, Italia compresa. "I dazi sono barriere all'ingresso, che incidono per misura e durata. Per comprendere il tema, con tutti i riflessi per l’economia del nostro Paese, bisogna considerare la struttura dell'industria dei produttori di beni per la pratica sportiva” spiega all’Adnkronos Massimo Nardinocchi, docente di Economia Aziendale Dello Sport alla Luiss. 

La riflessione tocca un argomento in continua evoluzione. “Quella italiana – sottolinea Nardinocchi – è un'imprenditoria specializzata”. L’esempio scelto per introdurre il discorso è quello di Technogym, multinazionale del fitness con base a Cesena. Nel 2024, l’azienda ha fatturato 900 milioni e il B2B, il business to business (modello di business in cui le aziende scambiano prodotti, servizi o informazioni tra loro) ha pesato per 717 milioni. “Vuol dire che una parte rilevante della loro clientela è formata da centri sportivi e altri soggetti che offrono servizi sportivi all’utenza. Il mercato consumer, deducibile per differenza, parla di meno di 184 milioni. L'esportazione verso l'America, Stati Uniti compresi, è stata nel 2024 di 146 milioni, circa il 16 %”. 

Gli Usa sono un mondo in cui il fitness nasce, prospera e cresce, con previsioni di espansione anche nel mercato asiatico. Ci sarà allora una contrazione in caso di dazi? “Non possiamo escluderlo, molto dipende dalla loro misura e da elementi specifici, quali la dinamica differenziata delle imposizioni. Per quanto riguarda questa nicchia, la cosa è inoltre legata a un mondo di aziende che acquistano questi beni per impiegarli nell’attività. Sono cioè strumenti comprati per durare e produrre valore per un certo numero di anni. Significa che un eventuale dazio all'ingresso, non proporzionato, potrebbe incidere sulla scelta di acquisto, anche se poi verrebbe ammortizzato nel tempo. Per i produttori, la leadership di prodotto e l’innovazione restano in ogni caso vantaggi competitivi per orientare gli acquirenti, come la presenza in un territorio con una domanda in crescita. In altri termini, se vendo un paio di scarpe a un consumatore – chiarisce il professor Nardinocchi - un dazio all'ingresso diventa subito un limite. Se vendo a un’azienda un’attrezzatura sportiva con un'attesa di vita di 5/7 anni, il maggior costo è distribuito nel tempo con una diversa capacità di riassorbimento”. 

Un altro esempio utile per capire un eventuale impatto dei dazi in campo sportivo riguarda il mercato delle attrezzature personali e dell’abbigliamento per lo sci. “Si tratta di beni che hanno potenzialmente una durata inferiore e un pubblico in prevalenza B2C, Business to Consumer. Andiamo diretti al consumatore”. Qui la segmentazione passa dalla tipologia di prodotto all’utenza: “I nostri produttori fanno spesso valutazioni di questo tipo, dovendo considerare in più la variabile di un uso e acquisto tendenzialmente stagionale di questo prodotto sportivo in un comparto in cui i cambiamenti climatici stanno già incidendo. Una politica doganale ostile, considerata la diffusione dello sci negli Stati Uniti, renderebbe le previsioni ancora più complesse”. 

Secondo il report “Sport: componente strategica del made in Italy” diffuso dal Ministero degli Esteri, l’Italia nel 2023 ha esportato per 9 miliardi e mezzo di euro, con un saldo positivo di 2 miliardi e mezzo. “È un dato aggregato – aggiunge Nardinocchi -. Secondo lo studio, gli Stati Uniti nel 2023 hanno ricevuto 859 milioni di euro di merci sportive da noi, circa il 10% del totale”. L'Europa ha invece assorbito, da sola, 3 miliardi e 314 milioni di euro, mentre l'Asia ha assorbito un miliardo e 464 milioni. “Significa che l’Italia ha una capacità di esportazione anche in Paesi che sono importanti produttori di articoli sportivi”. 

Il discorso verte sul concetto di eccellenza. "Dal lato delle imprese sportive potrà esserci sofferenza nel caso in cui gli Usa rappresentino il loro principale mercato di sbocco. I dazi che l’America intende mettere peseranno, anche se ora non sappiamo quali saranno le politiche Ue in termini di controdazi. A ogni modo, mettere barriere in entrata potrà far aumentare il prezzo dei beni che consumiamo in Italia. La sospensione di 90 giorni annunciata da Trump – continua l’esperto - potrebbe creare una sorta di cuscinetto da utilizzare nei mesi successivi". Per vedere cosa accade, ma pure in una logica di ripartizione del maggior costo tra beni già esportati a dazi inferiori e da esportare a dazi più alti. "È una possibilità, se l’azienda ha capacità di stock e le proiezioni di vendita lo suggeriscono”. La chiave sta qui. Un’analisi rapida, ma approfondita e senza toni sensazionalistici, consentirà alle imprese di settore di mitigare un danno inevitabile. 

"Quello americano è un mercato importante. Dunque, ci saranno turbolenze e non c'è una risposta univoca perché il meccanismo dei dazi resta complesso. Occorre analizzare le voci doganali e valutare, per esempio, l’impatto sul prezzo del bene che incorpori alluminio o acciaio e la provenienza dei beni originari”. Un punto dolente nella trattativa Stati Uniti-Europa. 

Un altro aspetto riguarda il merchandising. Una fonte di ricavi importante per le squadre di Serie A. “Dobbiamo considerare che i grandi club hanno una distribuzione del tifo molto estesa e tante squadre italiane hanno una proprietà americana”. Dal Milan all’Inter, passando per la Roma, gli esempi non mancano. “Qui, gli statunitensi guardano a dove viene prodotto un bene, visto che non mi pare siano previsti dazi sulle licenze. Se la maglia è prodotta in Paesi colpiti da forti dazi come la Cina, l'incremento dei prezzi sarà inevitabile”. Il presupposto è che lo sport tocca un mercato del tempo libero ed emozionale. “Il merchandising è legato allo spettacolo, al gioco e al senso di appartenenza. Il movimento calcistico americano sta crescendo e hanno 30 franchigie, una potenziale concorrenza sui comportamenti di acquisto. Le nostre squadre possono risentirne, ma forse la riflessione riguarda l’intero comparto data l’origine dei prodotti”. Il problema riguarda la provenienza dell'articolo. “Se i dazi all'ingresso porteranno queste maglie a un prezzo altissimo, sarà così per tutte quelle importate”. Di conseguenza, il comportamento d'acquisto sarà legato all’emozione che suscita il brand squadra o il singolo campione. 

L’ultima riflessione del professor Nardinocchi guarda ai grandi eventi sportivi che gli Stati Uniti ospiteranno a breve. Dal Mondiale per Club di calcio, tra giugno e luglio 2025, alle Olimpiadi di Los Angeles 2028, passando per la Coppa del Mondo 2026 (organizzata con Messico e Canada). “Contraccolpi in termini di sponsorizzazioni? Le Olimpiadi muovono tante persone e tanti atleti. Si tratta di fenomeni altamente mediatici, che superano i confini geografici. Si deve poi considerare che molti contratti sono stati già firmati e sono investimenti di immagine, più che di prodotto. Non penso che il mondo rinuncerà a un mercato proficuo come quello statunitense”. Intanto, Donald Trump ha dato il calcio d’inizio alla partita. (di Michele Antonelli) 

 



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