Politiche del lavoro, intervista ad Antonio Maiella: "Una societa' che non ha cura dei piu' deboli e' destinata a sfaldarsi"
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Reddito di cittadinanza, 80 euro, Jobs Act sono solo alcuni degli strumenti ideati per porre rimedio alle precarie condizioni del mercato del lavoro italiano. Sono davvero la soluzione o la strada da intraprendere è un’altra? Abbiamo chiesto il parere di Antonio Maiella, abilitato all’esercizio della professione di consulente del lavoro.
Nelle ultime settimane non si è fatto altro che parlare del reddito di cittadinanza, il nuovo strumento proposto dal Movimento 5 Stelle, incluso nel Contratto di Governo della XVIII Legislatura e rivolto a chiunque abbia redditi bassi, a prescindere dal fatto se svolga un lavoro o meno. La proposta, più volte contestata, è al centro del dibattito politico degli ultimi tempi, soprattutto dopo la formazione del nuovo governo. C’è, tuttavia, da chiedersi se politiche di sostegno alle famiglie meno abbienti (si pensi anche al bonus Renzi dei famosi 80 euro) o se riforme strutturali del mercato e del diritto del lavoro (si pensi al Jobs Act) siano effettivamente efficaci. Ne abbiamo parlato con Antonio Maiella, dottore in Giurisprudenza con abilitato all’esercizio della professione di consulente del lavoro e con un trascorso nel sindacato, con esperienza nel delicato settore delle conciliazioni. Maiella è stato, inoltre, dirigente sindacale della Uil in Campania per svolgere, poi, la libera attività tra Milano e Benevento. Giornalista pubblicista, scrive su diverse testate in qualità di esperto di Diritto del Lavoro e Relazioni Industriali.
“Come ho più volte ribadito – spiega Maiella- io non credo che il mercato del lavoro sia il mero incontro tra domanda e offerta , né che sia soggetto esclusivamente alle regole di mercato (e in quanto tale, dunque, capace di autoregolamentarsi). Credo piuttosto che il mercato del lavoro sia una sorta di “bene particolare” perché porta con sé la componente umana: il lavoro ha a che fare con l’uomo e, soprattutto, con la dignità umana, non dimentichiamo che vi è un fondamento costituzionale del diritto al lavoro”.
Da qui la necessità di una politica forte che provochi un processo di armonizzazione tra profitto e benessere dell’individuo.
“A tal proposito il reddito di cittadinanza potrebbe rivelarsi uno strumento molto utile, in grado di generare un circolo virtuoso e porre su un piano egualitario strati differenti della società. Certo, è uno strumento che dovrà essere spiegato più dettagliatamente e in modo analitico, ma credo che potrebbe rappresentare un buon punto di partenza”.
Sul bonus 80 euro, invece, Maiella è categorico: non rappresentano la riforma strutturale di cui avrebbe bisogno il nostro paese. “La realtà dei fatti è che finora non c’è stata la volontà di riformare il cuneo fiscale e il costo del lavoro, perché a mio avviso la partita si gioca là. Il nostro mercato del lavoro dovrebbe avere a che fare con una riforma seria dei costi del lavoro e del cuneo fiscale, solo così si riesce a rilanciare la produttività”.
“Oggi, i veri eroi sono gli imprenditori: non sono i datori di lavoro a voler pagare poco i lavoratori, il vero problema è che l’imprenditore deve sostenere costi eccessivi. Attualmente abbiamo a che fare con datori di lavoro che spendono molto e lavoratori che hanno una busta paga sempre più leggera. Solo una riforma strutturale riuscirà a risollevare la situazione, magari dando premi e incentivi alle aziende più virtuose, permettendo loro di progettare piani economici di più ampio respiro. Con una riforma adatta sono certo che i datori premieranno i loro dipendenti. Le imprese vogliono assumere, assumere non licenziare”.
Ad esempio, il Jobs Act ha introdotto forti sgravi contributivi che hanno dato un minimo di ossigeno all’industria e alle piccole imprese, ma c’è ancora molto lavoro da fare. “Ribadisco la necessità di una politica nazionale ed europea che promuova un’azione concertata di tutti gli attori in gioco: c’è bisogno di collaborazione per difendere il bene primario, che è il lavoro. Iniziamo ad armonizzare le discordanti dinamiche lavorative e qualcosa cambierà. Il lavoro non può essere soggetto asetticamente alle regole di mercato e l’ Italia, in quanto repubblica fondata sul lavoro, avrebbe dovuto dare il buon esempio”.
Carmen Chiara Camarca