12 ottobre, studenti in piazza per diritto allo studio: "Vogliamo garanzie sul futuro"

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Protesta Studenti 13 ottobreProtesta Studenti 13 ottobre

“Ci hanno chiamato fannuloni,sfaticati,radical chic e mammoni: eppure non esiste nessun meccanismo ad oggi per i giovani di questo paese di svincolarsi dalle contraddizioni familiari di provenienza”.

“Siamo gli studenti e le studentesse della Regione Campania, ma che cosa significa essere studenti e studentesse oggi? In questa regione le contraddizioni sono all’ordine del giorno e le viviamo sulla nostra pelle dentro e fuori le scuole, le università e nelle nostre città. Il tema dell’accessibilità alla formazione in questo paese non sembra toccato dal dibattito pubblico e non sembri interessi a questo nuovo governo mettere mano realmente alla condizione giovanile: precaria, piene di aspettative tutte deluse”.

Diseguaglianze, accesso alla formazione, edilizia scolastica e sicurezza, nessun fondo per l’Istruzione nella manovra finanziaria, politiche in linea con gli ultimi governi. Questi i temi che l’Unione degli Studenti porterà in piazza il prossimo 12 ottobre.

“Nella nostra regione – scrivono nella piattaforma rivendicativa dell’iniziativa – le diseguaglianze sono forti e lo dimostrano i dati sugli studenti e le studentesse iscritti quest’anno a percorsi di formazione nelle scuole superiori di secondo grado: 15 000 in meno. Basterebbe questo per dimostrare che ad oggi un problema sull’accesso ai percorsi formativi esiste, ma è ancor più allarmante se si considera il dato sulla dispersione scolastica: negli ultimi 10 anni circa 23.000 studenti dispersi, negli ultimi 5 il 29,9 % degli studenti e delle studentesse iscritti alle scuole superiori non ha conseguito il diploma (1 su 3). Dallo smantellamento della scuola pubblica ad una condizione lavorativa precaria o di povertà la linea non è troppo marcata, ma le riforme sulla scuola che negli ultimi 30 anni circa hanno reso la formazione una merce da svendere al mercato hanno dimostrato la netta continuità fra il mondo del lavoro e quello dell’istruzione. In Campania il tasso di povertà è del 24,4% (1 campano su 4) e il tasso di disoccupazione giovanile in tutto il paese è del 32,6%. L’aspettativa quindi non è rosea, e nel Mezzogiorno d’Italia è una possibilità da mettere necessariamente in conto per gli studenti e le studentesse di abbandonare la propria terra di origine per frequentare Università che garantiscano percorsi di qualità maggiore, senza la certezza di poter tornare: circa il 26% degli studenti e le studentesse meridionali affronta il proprio percorso universitario fuori Regione. La ricaduta reale? La cosiddetta fuga dei cervelli è rappresentata da 12 studenti su 100 in Campania che cercano fortuna al Nord. Il dato sul Sud Italia è spaventoso: entro il 2065 secondo i dati ISTAT la popolazione di questo paese sarà fortemente sbilanciata nel Settentrione: 71% al Nord e 29% al Sud. Questo significa che un pezzo intero dell’Italia sta scomparendo.La domanda ci sorge spontanea: C’AMMA FA?”.

DallUDS aggiungono: “Essere studenti e studentesse oggi è una sfida complessa e significascontrarsi con la realtà: ogni anno le famiglie di questo paese spendono 1200 euro in libri e materiale scolastico,senza considerare la spesa per gli spostamenti. E la garanzia del diritto allo studio? Non esiste oggi ancora una legge quadro nazionale che possa realmente garantire a tutti e tutte l’accesso ai percorsi di formazione, e spesso le leggi regionali in materia sono definanziate. Ne è un esempio la Legge Regionale 4/2005 campana,
approvata anche su spinta delle mobilitazioni studentesche, avanzatissima a livello teorico ma completamente definanziata. De Luca, il governatore della Regione propaganda 13mila borse di studio da 400 euro a studente, ma non c’è nessuna volontà di finanziare la legge che prevedeva non solo fondi specifici per combattere la dispersione e l’abbandono(le percentuali campane sono spaventose e ben al di sopra della media nazionale),13 anni di silenzio sul tema possono anche bastare, è il momento di mettere come priorità in questa regione l’istruzione pubblica e gratuita. C’AMMA FA?! Il costo della scuola però non è l’unico limite che affrontano ogni giorno gli studenti e le studentesse di questa regione, la condizione delle
strutture in cui si svolgono i percorsi formativi è altrettanto allarmante. Il 90,5 % delle scuole in Campania è costruito in zone a rischio sismico ma solo 2 su 10 sono costruiti con criteri antisismici. Il 61,2 % delle strutture scolastiche in regione è stata costruito prima del 1974. Il rischio crollo non è più semplicemente un rischio. Nell’anno 2017-2018 sono stati 50 i casi di crollo di scuole in tutto il Paese, 8 solo in Campania: è vera e propria emergenza nella nostra regione, 1 scuola su 2 non rispetta gli adeguamenti antisismici”.

In merito alla Regione: “Il governo regionale e l’Ufficio Scolastico Regionale hanno approvato un piano di finanziamento all’edilizia triennale (2018-2020) di circa 200 milioni, peccato che nella Città Metropolitana di Napoli delle 131 scuole individuate come “a rischio” nessuna è rientrate nelle graduatorie di finanziamento, a Caserta l’intera provincia viene esclusa dai finanziamenti per 15 minuti di ritardo nella presentazione dei progetti (la bancarotta dell’ente provinciale del 2015 ha determinato la chiusura di moltissime scuole in tutto il casertano) lasciando il 99% delle scuole senza certificati di agibilità. Le difficoltà strutturali e il rischio sicurezza è però trasversale a tutta la Regione: dal caso del liceo “Mancini” di Avellino, sigilli alla struttura e studenti dislocati fra diversi plessi in città con lo spettro costante dei doppi turni fino ai crolli nel salernitano (dalla possibile chiusura del “Tasso” di Salerno alla finestra caduta al “G.B Vico” di Nocera, passando per il liceo “Alfonso Gatto” di Agropoli rinnovato nella facciata ma senza certificati antisismici). Si spargono a macchia d’olio poi i casi di scuole che non hanno abbastanza aule per ospitare tutti gli studenti e le studentesse iscritti, dal “Sannazzaro”di Napoli, al “Renato Caccioppoli” di Scafati passando per il “Durante” di Frattamaggiore”.

La richiesta è chiara: “Vogliamo scuole sicure, ma per noi la sicurezza non è quella propagandata da questo governo M5S-Lega: 2,5 milioni di euro spalmati su 10 città in tutto il paese per installare telecamere, potenziare la polizia municipale e l’introduzione del DASPO scolastico per allontanare gli studenti e le studentesse beccati a spacciare. Sicurezza?Esclusione sociale,criminalizzazione e guerra fra poveri per il contentino. L’ennesimo strumento per dividere e reprimere. Scuole sicure significa a misura di studente che non ci crollino in testa. C’AMMA FA?! La qualità della didattica e dell’offerta formativa lascia a desiderare tanto quanto la fatiscenza delle strutture che ogni giorno attraversiamo. Siamo gli studenti e le studentesse sfruttati in alternanza scuola-lavoro, quelli utilizzati strumentalmente dal governo PD per gonfiare i dati sull’occupazione giovanile: 1,5 milioni di studenti in alternanza senza nessuna coerenza con il percorso di studi, costretti a lavare piatti, raccogliere pomodori nelle serre, sistemare archivi, fare fotocopie e portare caffè. Ad oggi è determinante riconoscere che esiste un vero e proprio fattore educativo alla precarietà: ci insegnano che il lavoro deve essere flessibile, che dobbiamo acquisire solo conoscenze vuote, magari lavorando in aziende che non rispettano i diritti dei lavoratori oppure sono infiltrate nei tanti giochi di potere che sfruttano storicamente I nostri territori. Dobbiamo essere disponibili a svenderci per un lavoretto, questo ci insegna ad oggi l’alternanza. Siamo spesso costretti a pagare anche per svolgere i nostri percorsi di alternanza fra trasporti e materiali Ma il “sapere” e il “saper fare” dovrebbero essere meccanismi che si integrano a vicenda oggi ci insegnano che l’aspettativa di vita al di là dell’accessibilità o meno ai percorsi di formazione è quella di vivere sottopagati, precari e pronti ad accettare qualsiasi compromesso. Ci hanno chiamato fannuloni,sfaticati,radical chic e mammoni: eppure non esiste nessun meccanismo ad oggi per i giovani di questo paese di svincolarsi dalle contraddizioni familiari di provenienza. Pagarsi gli studi significa piegarsi alla logica del lavoretto, spesso a nero nella nostra regione, sacrificando pezzi interi della nostra vita. Statuto dei diritti degli studenti e delle studentesse in alternanza scuola-lavoro per non essere più sfruttati e per rendere i percorsi realmente formativi, codice etico e ambientale da far firmare a tutti i soggetti che si propongono per svolgere percorsi ASL per garantire nessun coinvolgimento degli studenti in processi produttivi inquinanti e collusi , reddito di formazione per svincolarci dalle condizioni familiari di partenza: in tutte le scuole, in tutte le università, in tutte le città e in tutta la Regione. C’AMMA FA?”.

Insomma: “Essere studenti e studentesse significa anche avere la consapevolezza ogni giorno di poter aspettare pullman per ore, ma che forse non passerà mai e questa non è una barzelletta. In Campania in media ogni giorno soltanto chi deve andare a frequentare scuole e università effettua 296mila spostamenti, ma con una rete di infrastrutture completamente inefficienti. Il problema è diffuso e passa dalla qualità all’accessibilità del trasporto stesso. Infatti i trasporti nel napoletano vivono un forte processo di smantellamento da parte dell’azienda privata a cui è appaltato il servizio, ANM, che non solo non garantisce una qualità del trasporto ma è in grave fallimento: licenziamenti a macchia d’olio (circa 194 e tanti altri in
arrivo), pullman fatiscenti e corse soppresse. Nella provincia di Salerno invece il fenomeno che si vive è ulteriormente particolare ma paragonabile a quello che vivono gli studenti e le studentesse dell’Irpinia e del Beneventano: il capoluogo di Provincia è super collegato all’interno della rete urbana ma tutta la provincia non ha praticamenti mezzi per spostarsi. Si contano sulle dita i trasporti nel cilentano e nell’agro-nocerino sarnese, evidente disagio per ogni singolo studente che abita nella provincia salernitana. Qui il giochetto fatto dall’allora sindaco della città e ad oggi governatore regionale De Luca è molto semplice: città vetrina,
innalzamento dei costi di ogni singola tratta e privatizzazione selvaggia. La situazione avellinese e beneventana è molto simile: esiste un solo privato a cui sono appaltati tutti i trasporti in pullman (l’AIR) che però non garantiscono mobilità in tutte le fasce orarie e una linea ferroviaria che lascia veramente a desiderare. Comprensibile quindi il fenomeno per il quale le periferie dell’avellinese e del beneventano si svuotano, fra conflitti ambientali, scuole fatiscenti e mancanza di trasporti: per uno studente ad oggi abitare in periferia di benevento significa avere la consapevolezza di abitare in un paese di 700 abitanti senza la possibilità di raggiungere il capoluogo di provincia. Nel Casertano invece la provincia vive quasi completamente staccata dal capoluogo, mentre c’è un particolare disagio rispetto alla tratta Caserta-Napoli che ha subito recentemente un innalzamento del costo, equiparando il biglietto a quello di UNICO Campania. Non è poi da dimenticare il caso “Circumvesuviana”, principale mezzo di spostamento per gli studenti e le studentesse dell’Area Vesuviana, è forse il trasporto più fatiscente della Regione sia in termini di qualità delle infrastrutture sia rispetto alla garanzia stessa delle corse. Qui la speculazione del privato, l’ Ente Autonomo Volturno, è totale: spesa esigua per le infrastrutture e nessuna garanzia per i pendolari. Il tema del pendolarismo è determinante nella vita di tutti i soggetti in formazione, ma ad oggi la mobilità sostenibile non è un diritto garantito. Trasporti sicuri e gratuiti per tutti gli studenti e le studentesse. C’AMMA FA?”.

E concludono: “In questo paese serve una scossa, che deve partire dai luoghi di formazione come vero motore del cambiamento. Agitiamoci nelle scuole e nelle università, agitiamo con forza questo paese! Vogliamo garanzie sul futuro, scuole e università aperte, edifici scolastici sicuri, un alternanza scuola-lavoro che non sia sfruttamento, trasporti garantiti e un reddito di formazione. Il 12 Ottobre scendi in piazza per rivendicare i tuoi diritti”.



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