Aids, infettivologo Cascio: "Tardive 60% diagnosi Hiv, in 4 su 10 già sintomi malattia"
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(Adnkronos) - "Il 60% delle nuove diagnosi di Hiv è fatto tardivamente, ovvero in persone che hanno un numero di Cd4 inferiore a 350 o i cosiddetti 'Late presenter'. E ancora di più, si calcola che il 40% di questo 60% sia costituito da persone che già manifestano i primi segni dell'Aids. In Italia si stima che circa 140mila persone abbiano infezione da Hiv. Ma circa il 7-8% di queste persone non sa di esserlo e quindi ci sono 8-9mila, se non di più, 10-11mila persone, che sono Hiv positive, quindi infette, che non sanno di esserlo" e possono "infettare altri". Lo ha detto Antonio Cascio, responsabile scientifico III edizione Congresso 'Joint peer to peer - Difficult to treat infections and Hiv Accademy', all'Adnkronos Salute in occasione della 3 giorni, che si conclude domani a Palermo, dedicata alla sfida delle comorbidità in pazienti con Hiv. (Video)
Il ritardo diagnostico, secondo l'esperto, è dovuto a motivi diversi. "Negli ultimi anni è come se fosse diminuita la percezione del rischio da parte delle persone. C'è poi il problema dell'accesso al test che, tante volte, non è così semplice" anche se, ricorda, "è gratuito e lo si fa in anonimato". Inoltre, pesa "ancora un po' lo stigma, la paura di essere riscontrati positivi. Attualmente - chiarisce il direttore Uoc di Malattie infettive del Policlinico Giaccone di Palermo - la profilassi pre-esposizione (PrEP) sta funzionando" soprattutto nelle "persone Msm", gli uomini che fanno sesso con gli uomini, che "di fatto assumono la PrEP regolarmente e quindi non contraggono l'Hiv. Se le persone Msm sono quelle più attente a fare il test", non si può dire altrettanto delle "persone eterosessuali che hanno avuto in passato comportamenti omosessuali o rapporti a rischio".
Queste persone, "oltre ad avere un aggravamento della sintomatologia - osserva Cascio - possono contagiarne altre, alimentando l'epidemia. Questo è il vero problema dell'Hiv: una persona infetta che prende regolarmente la terapia non contagia altre persone, come evidenzia la sigla U=U (Undetectable = Untransmittable), perché una persona che fa la terapia regolarmente non ha il virus nel sangue e non infetterà altre persone". In realtà "il concetto di 'treatment as prevention', cioè 'il trattamento dell'Hiv previene le nuove infezioni', è una cosa importantissima ed è per questo che è ancora più importante trovare il sommerso. Dobbiamo cercare di individuare queste persone che sono Hiv infette e non sanno di esserlo - rimarca lo specialista - perché" se facessero il test e, in caso di positività, assumessero la terapia, non trasmetterebbero il virus. "Oggi infatti le terapie sono sempre più efficaci, meglio tollerate, meno tossiche: la qualità e la durata di vita delle persone Hiv infette stanno sempre migliorando", assicura Cascio.
Particolarmente efficaci, prosegue lo specialista, sono "le terapie long acting, ovvero a lunga durata di azione, che prevedono delle iniezioni intramuscolari ogni 2 mesi. Oltre a garantire un tasso di farmaco nel sangue e nei tessuti sufficiente a evitare la moltiplicazione del virus, quindi a controllare l’infezione, queste terapie favoriscono l'aderenza al trattamento, condizione che riduce il rischio di mutazioni che rendano il virus resistente alla terapia antiretrovirale". I vantaggi delle terapie long acting sono poi anche dal punto di vista psicologico, perché evitano "l'autostigma provato dalla persona costretta ad assumere quotidianamente la terapia orale, con l'imbarazzo di essere vista" e giudicata. Sul piano clinico, poi, "i pazienti che fanno queste terapie hanno un buon rapporto Cd4-Cd8 e, quindi, un'ottima risposta dal punto di vista immunovirologico".
Le persone con Hiv, avendo una qualità e durata di vita "praticamente quasi uguali alle persone non infette, possono andare incontro a tutte le comorbidità" tipiche dell’invecchiamento come "il diabete, l'ipertensione e le patologie tumorali - sottolinea Cascio - Per questo ci vuole un attento monitoraggio, non solo sull'assunzione regolare della terapia, ma anche nel sottoporsi a degli screening un po' più ravvicinati. E' molto importante infine ricordare anche la prevenzione delle malattie infettive che si può ottenere grazie alla vaccinazione. Tutte le persone Hiv positive dovrebbero essere vaccinate verso una serie di infezioni prevenibili". A queste misure vanno però associati "i corretti comportamenti alimentari, l'attività fisica ed evitare il fumo, l'alcol e le droghe", conclude.