Il gladiatore di York e il leone, nello scheletro la prova delle lotte uomo-animali

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Il gladiatore di York e il leone, nello scheletro la prova delle lotte uomo-animaliIl gladiatore di York e il leone, nello scheletro la prova delle lotte uomo-animali

(Adnkronos) - Driffield Terrace, cimitero romano di York nel Regno Unito, 2mila chilometri dal Colosseo. Fra i resti dei corpi di giovani uomini uno in particolare colpisce l'attenzione di un gruppo di scienziati: è lo scheletro di un uomo di età compresa tra i 26 e i 35 anni, sepolto in una tomba con altri due e ricoperto di ossa di cavallo. Uno scheletro che mostra i segni dei morsi di un leone. Su un osso dell'anca, per esempio, spicca con chiarezza un solco che si ritiene sia stato lasciato dal dente della belva. Per i ricercatori è la "prima prova archeologica di un combattimento tra gladiatori e animali, tra un essere umano e un leone" nell'Impero Romano. Una scoperta definita "estremamente emozionante" da Malin Holst, Dipartimento di Archeologia dell'Università di York e direttrice generale di York Osteoarchaeology, specializzata in scavi e analisi di resti umani. "Ora - dice - possiamo iniziare a costruire un'immagine migliore di come fossero in vita questi gladiatori".  

La scoperta, continua, "conferma anche la presenza di grandi felini e potenzialmente altri animali esotici nelle arene di città come York", che allora era la città romana di Eboracum. Lo scheletro, probabilmente sepolto tra il 200 e il 300 d.C., è stato recuperato ed esaminato in uno dei cimiteri di gladiatori meglio conservati al mondo, dove nel 2010 i ricercatori hanno annunciato l'esame archeologico di 82 scheletri di giovani uomini ben sviluppati, particolarmente robusti per via dell'addestramento a cui venivano sottoposti e segnati da un'alta frequenza di ferite guarite, associate alla violenza del 'mestiere'. Gli esperti al tempo notarono, osservando lo smalto dei denti, la grande varietà di province romane di tutto il mondo da cui provenivano, nonché prove di insoliti riti funebri nel luogo di sepoltura e di morti compatibili con i combattimenti dei gladiatori. 

Le testimonianze dei combattimenti tra gladiatori nell'Impero Romano sono ben documentate, con prove sia di conflitti tra umani che di combattimenti tra umani e animali come leoni e orsi. Tuttavia, i resti reali dei gladiatori sono relativamente scarsi nella documentazione archeologica. E in Britannia, in particolare, occupata dai Romani dal I al V secolo, non vi sono finora prove confermate di combattimenti tra umani e animali. Sebbene le immagini di gladiatori morsi dai leoni siano apparse in antichi mosaici e ceramiche, lo studio pubblicato su 'Plos One' presenta "prove scheletriche convincenti", supportate da esperimenti forensi, di una vittima umana attaccata da un grande animale carnivoro. Il lavoro è una collaborazione tra l'Università di York, la Maynooth University, la Cranfield University, la Durham University, il King's College di Londra, la York Archaeology e la York Osteoarchaeology. "I segni dei morsi sono stati probabilmente provocati da un leone, il che conferma che gli scheletri sepolti nel cimitero erano di gladiatori, piuttosto che di soldati o schiavi, come inizialmente si pensava - ragiona Holst - e rappresentano la prima conferma osteologica dell'interazione umana con grandi carnivori in un contesto di combattimento o di intrattenimento nel mondo romano". 

Si tratta dell'ultima parte di un lavoro iniziato nel 2004, quando vennero rinvenuti i primi scheletri nel cimitero romano risalente a 1.800 anni fa, che si trova lungo la strada romana che conduceva da York a Tadcaster. 

Cosa racconta lo scheletro del gladiatore di York? Che il giovane in vita sembra aver sofferto di problemi alla colonna vertebrale, probabilmente causati da sovraccarico alla schiena, di infiammazione al polmone e alla coscia, nonché malnutrizione infantile da cui si era poi ripreso. Il suo scheletro parla anche della fine del combattente. Vita e morte di un gladiatore. La ferita da morso di leone - confermata dal confronto con campioni di morsi di un leone in uno zoo - non era guarita ed è quindi probabile che sia stata la causa della sua morte. Si ritiene che l'individuo sia stato decapitato dopo la morte, un rituale che sembra essere stato praticato da alcuni in epoca romana, sebbene le ragioni di tale pratica rimangano poco chiare. 

Gli scienziati - Tim Thompson della Maynooth University, Irlanda, e colleghi - hanno tracciato l'identikit dell'uomo e di cosa faceva per vivere: l'analisi dello scheletro fa pensare che fosse un 'Bestario'. Si tratta di un ruolo gladiatorio, così venivano chiamati i volontari o schiavi che scendevano nell'arena per misurare il loro coraggio battendosi con le fiere. "Spesso - riflette Holst - abbiamo un'immagine mentale di questi combattimenti che si svolgevano nella grandiosa cornice del Colosseo a Roma, ma queste ultime scoperte dimostrano che tali eventi sportivi avevano una portata molto più ampia, ben oltre il centro dei territori romani più importanti. Probabilmente esisteva un anfiteatro nella York romana, ma non è ancora stato scoperto". 

Sembra che York abbia ospitato spettacoli di gladiatori fino al IV secolo d.C., forse perché nella città ricoprivano incarichi molti generali e politici di alto rango, tra cui Costantino, che si autoproclamò imperatore nel 306 d.C. La presenza di illustri condottieri romani implicava una sfarzosa vita sociale, e per gli scienziati non sorprende trovare prove di spettacoli di gladiatori, così come un esteso sito di sepoltura a loro dedicato, ma era ritenuto interessante confermare la presenza di animali grandi come un leone in questi siti, e non solo cinghiali e cervi, ad esempio. I proprietari dei gladiatori non avrebbero voluto che morissero: erano degli 'sportivi' costosi, non molto diversi dai calciatori di oggi, spiegano gli esperti, e come tali volevano che vincessero, che potessero combattere di nuovo e, se non sopravvivevano, spesso ricevevano dei 'doni' da offrire nell'aldilà, come è evidente in alcune delle tombe di Driffield Terrace. 

Questa ricerca, afferma David Jennings, Ceo di York Archaeology, "si aggiunge alle ricerche precedenti e in corso sul genoma relative alle origini di alcuni degli uomini sepolti in questo particolare cimitero romano. Forse non sapremo mai cosa portò quest'uomo nell'arena dove crediamo abbia combattuto per l'intrattenimento altrui, ma è notevole che la prima prova osteoarcheologica di questo tipo di combattimento gladiatorio sia stata trovata così lontano dal Colosseo di Roma, che sarebbe stato lo stadio di Wembley del mondo classico". 

Questo scheletro specifico presenta una serie di depressioni sul bacino, che in precedenza erano state suggerite come possibile prova di morsi di carnivori. Creando una scansione tridimensionale di questi segni, i ricercatori del nuovo studio hanno potuto confrontarli con i morsi di una varietà di animali diversi e così hanno stabilito che erano probabilmente i morsi di un leone. Poiché si trovavano sul bacino, l'idea è che i morsi in questione stati causati dal fatto che il leone si fosse nutrito del corpo al momento della morte. "Le implicazioni del nostro studio multidisciplinare sono enormi - commenta Thompson, che è professore di antropologia all'università di Maynooth - Qui abbiamo prove concrete dello spettacolo dell'Impero Romano e dei pericolosi combattimenti gladiatori in scena. Questo fornisce nuove prove a supporto della nostra comprensione del passato", una comprensione "per anni basata in gran parte su testi storici e rappresentazioni artistiche". E' una scoperta che permette di "rimodellare la nostra percezione della cultura dell'intrattenimento romano nella regione".  

"Come testimonianze tangibili degli spettacoli negli anfiteatri romani della Gran Bretagna, i segni dei morsi ci aiutano a comprendere questi spazi come luoghi di brutali dimostrazioni di potere", ragiona il coautore John Pearce, del King's College di Londra. "Sono ormai passati 20 anni da quando abbiamo portato alla luce 80 sepolture a Driffield Terrace" e "uno degli aspetti più straordinari dell'archeologia - conclude Jennings - è che continuiamo a fare scoperte anche anni dopo la conclusione di uno scavo, poiché i metodi di ricerca e la tecnologia ci permettono di esplorare il passato in modo più dettagliato".  



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