Shoah, a Palazzo Paolo V il ricordo dei partigiani
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Nella serata di lunedì 28, presso il Salone conferenze di Palazzo Paolo V, a Benevento, si è tenuto un incontro, organizzato dall’Associazione nazionale Partigiani d’Italia, per ricordare la Shoah e parallelamente il ruolo del movimento partigiano italiano. L’appuntamento ha registrato la presenza di Giuseppe Crocco, partigiano e presidente onorario dell’ANPI - Benevento, Alfredo Festa partigiano, Gaia Casillo e Valeriano Giambitto, studenti, Gaetano Cantone dell'ANPI - Benevento, Antonio Conte presidente dell’ANPI - Benevento.
Durante la manifestazione, è stata presentata l’opera “Uomini” che Gaetano Cantone ha donato all’ANPI e da cui è stata ricavata una tiratura numerata e firmata da 1 a 99, in edizione esclusiva e destinata alla sottoscrizione della sezione sannita dell’ANPI. L’incontro è stata l’occasione per ribadire la condanna della barbarie nazifascista ed il significato dell’azione dei partigiani nell’affermazione della libertà, dei diritti sanciti dalla Costituzione e della centralità della dignità umana. Forte richiamo al ruolo del movimento partigiano nella difesa dei diritti di tutti è stato fatto da Conte che, riferendosi ai due partigiani presenti in sala, ha ricordato la scelta da loro compiuta, in giovanissima età, di difendere la libertà e di non volersi asservire al sistema totalitario nel quale pure erano stati educati. Questi eroi della libertà rappresentano dunque, ribadisce Conte, la memoria operante, l’eco di un passato che attraversa il presente e si proietta verso il futuro. D’altra parte è necessario ricordare che la città di Benevento è medaglia d'oro al valore civile per il coraggioso comportamento della popolazione durante i tragici bombardamenti del 1943. Inevitabile il riferimento al degrado etico spesso registrato nel nostro paese, imbarbarimento a cui si contrappone il fulgido esempio di uomini che hanno messo a repentaglio la vita in nome della giustizia, della libertà, della civiltà del nostro paese e dei valori sanciti dalla nostra Costituzione. La necessità di coniugare passato e presente nel nome di valori condivisi, si è concretizzata con la presenza all’incontro di due giovani, studenti degli istituti superiori, che hanno testimoniato il loro bisogno di libertà e valori universali attraverso la lettura di tre lettere di deportati e destinati alla morte, da parte della Casillo, e di un brano tratto da “Se questo è un uomo” di Primo Levi, da parte di Giambitto. Emozionato ed accorato l’intervento del Crocco che ha voluto narrare le vicende che lo portarono a rifiutare, all’indomani dell’armistizio del ’43, di vestire la camicia nera di chi aveva offeso la dignità umana e lo spinsero invece a condividere l’azione partigiana nell’appennino ligure; la liberazione di Genova dai nazifascisti lo vide infatti in prima fila. Vicende travagliate di attacchi per la conquista di paesi difesi da ben armati soldati tedeschi, spari, mortai e granate che sembrano riecheggiare negli spazi della sala, fino al commosso ricordo di tanti mai più tornati e alla richiesta ai presenti di osservare un minuto di silenzio per ricordare amici e nemici, tutto nella speranza di non avere più guerre. Alla domanda postagli da un giornalista in sala su quali fossero stati gli errori di Mussolini e se abbia fatto qualcosa di buono, rifacendosi sicuramente alle polemiche di questi giorni sulle dichiarazioni di Berlusconi, Crocco non ha esitato a rispondere che l’aver portato l’Italia in guerra chiude ogni discorso. Anche Festa ha ricostruito, attraverso il suo ricordo personale, le vicende che lo portarono, all’indomani dell’armistizio, a sfuggire ai tedeschi e a raggiungere i partigiani sloveni, fra i quali operò come infermiere in un ospedale da campo improvvisato. Anche per lui il ricordo si mescola ad emozioni ancora vive, parole, gesti, uomini e donne che hanno condiviso con lui i terribili eventi di un tempo in cui i nazisti avevano promesso “agli sloveni un buco in fronte, agli italiani due buchi in fronte” poiché traditori. Memoria di violenze incancellabili che hanno prodotto brutalità inaudite, ma anche la determinazione ad opporsi a quel mondo di soprusi, opposizione che si realizzò attraverso una resistenza che è stato messaggio di non rassegnazione e non condivisione dei sistemi totalitari. Questi ultimi distorsero inoltre ogni manifestazione umana, dalla semplice sopravvivenza alle forme culturali ed artistiche fino alla negazione di ogni dignità umana . In questo quadro terribile, la Shoah è stato un esempio di uccisione della speranza, la tragedia dell’eliminazione di tanti uomini, donne e bambini nel cui destino dobbiamo immedesimarci, tutto per urlare il rifiuto di ciò che è stato, in nome di un mandato alla speranza e alla riconquista della speranza stessa e della vera essenza sociale e politica della vita umana. Cantone ribadisce la necessità di coniugare le ragioni del cuore con quelle della mente, il narcisismo vanesio di oggi con i valori della Resistenza, tutto in un’operazione della memoria fatta di tante memorie che dovrebbero contrastare l’individualismo ed il marketing imperante, di una passione critica nei confronti dei tanti cicisbei di cui siamo circondati e spingerci verso la riconquista di quei valori etici dai quali non possiamo esimerci.
Appassionata ricostruzione dunque, spesso non pienamente comprensibile da parte di chi vive in un assodato mondo di diritti, ma messaggio chiaro e trasmesso dai volti, dalle parole e dalle espressioni del cuore di chi, in questa serata, ha rivissuto e condiviso eventi e memorie che sono apparsi mai passati.
Eusapia Tarricone
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