Quindici persone, tra cui anche il sindaco di Telese Terme Giuseppe D'Occhio del PDL, sono state arrestate dalla Guardia di Finanza di Benevento nel corso dell'Operazione Telesia che vede coinvolti amministratori pubblici, funzionari comunali e imprenditori del Sannio. Sequestrati anche beni mobili e immobili per un valore di due milioni di euro. L'accusa: associazione a delinquere finalizzata, tra l'altro, alla corruzione e alla truffa nella gestione degli appalti pubblici. I provvedimenti sono stati chiesti dalla Procura della Repubblica di Benevento e ordinati dal Giudice per le indagini preliminari del capoluogo sannita (
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Aggiornamento ore 10 - Conferenza stampa
Alle 11, presso il Comando provinciale della Guardia di Finanza di Benevento, conferenza stampa per rendere noti i dettagli dell'operazione. Presente anche il procuratore capo della Repubblica del locale Tribunale, Giuseppe Maddalena.
Aggiornamento 11,50 -
I nomi degli arrestati
Sono stati resi noti i nomi delle persone coinvolte nell’operazione della Guardia di Finanza. 12 le ordinanze di custodia cautelare in carcere. Oltre al sindaco - ed ex assessore ai Lavori Pubblici - di Telese Giuseppe D’Occhio, 53 anni, ci sono Antonio Antonuccio, 58enne di Cusano Mutri (responsabile UTC Comune di Telese), Pasquale Giaquinto, 62enne di Telese Terme (responsabile Servizi Demografici Comune di Telese), gli imprenditori di Telese Almerico Fasano (35 anni) e Gaetano Fasano, 33 anni, rispettivamente rappresentante legale e titolare della ditta Coedil Fap Srl;
Sergio Fuschini, 39enne di Telese, titolare della ditta Fuschini Costruzioni; Pasquale Iorio, 59enne di Telese, titolare della ditta IL.TE.; Quirino Vegliante, 35enne di Telese, rappresentante legale della Vegliante Costruzioni Srl; Luigi Vegliante, 68enne di Solopaca, rappresentante legale Vegliante Luigi & C. Sas;
Pietro Pacelli, 49enne di Telese, rappresentante legale Pacelli Costruzioni Srl; Alberto Pilla 52enne di Telese, rappresentante legale A.R. GEST Srl; Francesco Pilla, 26enne di Telese, rappresentante legale A.R. GEST Srl.
Arresti domiciliari, invece, per Paola Biondo, 32enne di San Salvatore Telesino, collaboratrice della Coedil Fap Srl; Lucia Cutillo, 62 anni, di San Salvatore Telesino e Domenico Mazzarella, 31enne di Faicchio, rispettivamente socio e dipendente della stessa Coedil Fap.
Due le misure interdittive con il divieto di esercitare l’attività imprenditoriale nei confronti di Bartolomeo Di Biase, 61 anni e Bartolomeo Velardo, 35 anni, entrambi imprenditori di Cusano Mutri.
Altri 55 operatori economici della Valle Telesina sono stati denunciati insieme a 5 tra amministratori o dipendenti del Comune di Telese Terme.
Aggiornamento ore 12,30 - I reati contestati
Per le 12 persone condotte in carcere, i reati contestati sono, a vario titolo: associazione a delinquere, corruzione continuata, turbata libertà degli incanti, frode nelle pubbliche forniture, truffa ai danni di un ente pubblico, falso ideologico commesso da un pubblico ufficiale in atti pubblici, abuso d'ufficio, favoreggiamento reale, frode fiscale mediante utilizzo di fatture per operazioni inesistenti.
Per i tre indagati che sono agli arresti domiciliari, le accuse riguardano, a vario titolo: associazione a delinquere, turbata libertà degli incanti, favoreggiamento reale, frode fiscale mediante utilizzo di fatture per operazioni inesistenti.
Le due persone sottoposte a misure interdittive, invece, sono accusate di concorso in turbata libertà degli incanti, favoreggiamento reale e frode fiscale mediante utilizzo di fatture per operazioni inesistenti.
Aggiornamento ore 13 - L’inchiesta
I dettagli dell’operazione “Telesia” sono stati resi noti nel corso della conferenza stampa presso il Comando Provinciale della Guardia di Finanza, a Benevento, alla presenza del comandante Gianni Palmacci e del procuratore della Repubblica Giuseppe Maddalena. Sono state le Fiamme Gialle a eseguire le ordinanze di custodia cautelare emesse dal Gip del Tribunale di Benevento, a conclusione delle indagini, durate due anni, dirette dalla Procura della Repubblica e svolte dalla Guardia di Finanza per la verifica della regolarità del sistema di aggiudicazione di appalti pubblici presso il Comune di Telese.
Le indagini – hanno spiegato gli inquirenti – si riferiscono a un periodo che va dal 2002 a maggio del 2009 e hanno fatto emergere l’esistenza di un sodalizio costituito da amministratori, funzionari, impiegati pubblici, imprenditori locali e loro dipendenti, dedito a turbare, secondo collaudate illecite modalità operative, in maniera seriale e continuativa, la libertà degli incanti, mediante collusioni tra i partecipanti e i preposti, falsi in atti pubblici e altri mezzi fraudolenti, onde consentire il risultato dell’aggiudicazione degli appalti sempre a favore di un numero ristretto di imprese aggregate tra loro, tanto da strutturarsi in un “cartello”.
Quest’ultimo era divenuto “il destinatario egemone – si legge in una nota della Procura della Repubblica – dell’ingente flusso di denaro transitato per l’Ente comunale, già destinato alla realizzazione di opere pubbliche e all’acquisto di forniture, nonché fonte di illegali arricchimenti per le imprese locali e qualche pubblico amministratore, figurante sul libro paga delle imprese medesime. Gli imprenditori avevano, tra l’altro, creato fondi neri mediante l’utilizzazione di fatture fittizie, operazione quest’ultima necessaria per giustificare costi mai sostenuti nell’esecuzione di appalti pubblici. Il sistema corruttivo creato, alquanto raffinato per la comprovata predisposizione di collettori delle tangenti, aveva alterato radicalmente la libera concorrenza con ingenti danni erariali che saranno valutati dal giudice contabile”.
Le indagini hanno fatto luce sul modo in cui venivano “gestite” le gare di appalto. “L’attività investigativa – prosegue la nota - svoltasi, in particolare, con l’acquisizione di ingente documentazione, con l’esame di persone informate sui fatti, con l’ intercettazione delle conversazioni di alcuni indagati, con accertamenti bancari e con consulenze tecniche (una grafologica e altra di carattere amministrativo finanziario) hanno consentito di accertare che le offerte delle imprese per partecipare ai vari appalti provenivano da una medesima mano e da una medesima impresa ed erano, quindi, frutto di un accordo preventivo per la spartizione degli appalti. Significativa è la conversazione captata nella quale alcuni coindagati dicono che uno degli indagati principali aveva mangiato con sette bocche e che mezza Telese era sua”.
Sono stati analizzati oltre 130 conti correnti, intestati a pubblici funzionari e privati imprenditori. La preordinata turnazione delle imprese costituenti il cartello nell’aggiudicazione degli appalti aveva consentito gli affidamenti con ribassi insignificanti (oscillanti tra lo 0.45% e 1.55%) e di gran lunga inferiori ai valori medi dei ribassi elaborati dall’Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture (oscillanti tra il 15,90% e il 33,80%), con consequenziale incremento dei margini di guadagno per le imprese aggiudicatarie e correlativo danno per l’Ente, quantificato in oltre 2 milioni di euro.
Nel corso delle indagini si è proceduto alla verifica di oltre 50 appalti (123 le gare d’appalto verificate, in totale) per opere pubbliche e forniture, tra i quali anche quelli per i quali la legge prevedesse procedure complesse ed articolate, venivano affidati sempre e comunque alle stesse società.
Singolare era, poi, la predisposizione dell’elenco delle ditte da invitare alla licitazione privata semplificata come previsto dall’art. 23 della Legge n. 109/94 e art. 77 del DPR. n. 554/77, avvenuta in maniera tale da attribuire alle imprese costituenti il cartello, un numero d’ordine a ogni sequenza di trenta numeri. La sequenza di trenta non è da ritenersi casuale atteso che la legge prevede che per ogni appalto debbano essere invitate almeno 30 ditte.
La circostanza che sono risultate aggiudicatarie dei relativi appalti proprio le imprese costituenti il cartello, dimostra che già l’ordine di inserimento nel cartello era predisposto per pilotare gli inviti ed assicurare a quelle imprese l’aggiudicazione degli appalti.
Proprio questa mattina, nel corso di una perquisizione nell'abitazione di uno degli indagati, sono stati trovati 416mila euro in contanti e 41mila euro in assegni.
Nei confronti degli arrestati il Gip ha disposto, su richiesta della Procura, il sequestro preventivo per equivalente dei beni immobili e dei conti correnti bancari e postali nella loro disponibilità, per una somma pari ad oltre 2milioni e centomila euro.
Aggiornamento ore 13.11 - Il procuratore: allarmante fenomeno della turbativa d’asta
“Il risultato conseguito – ha spiegato il procuratore Maddalena – testimonia il forte impegno profuso dalla Procura della Repubblica e dalla Guardia di Finanza di Benevento, nella repressione dei reati contro la pubblica amministrazione e il mercato. E’ allarmante il fenomeno della corruzione e, in special modo, quello della turbativa d’asta che risultato essere il filone più praticato. Il lavoro certosino portato avanti nell’indagine ha consentito di ottenere buoni risultati”.