Gli studenti fuori sede hanno difficoltà a trovare alloggi a condizioni accessibili, come mostrano le recenti proteste degli universitari di varie città. Per risolvere il problema sono necessarie iniziative mirate, ma anche politiche di più ampio respiro.
Le tende montate nei piazzali delle università testimoniano la difficoltà degli studenti fuori sede a trovare una sistemazione abitativa a condizioni accessibili alle possibilità economiche dei loro genitori. La ricerca di un alloggio in affitto da parte degli studenti è ostacolata dallo squilibrio tra domanda e offerta che innalza i canoni nelle urbane del nostro paese. Per rendere meno oneroso per gli studenti dimorare nelle sedi delle università distanti dalla loro residenza sono necessarie iniziative mirate, ma anche politiche dall’impatto più ampio. La conoscenza della dimensione del fenomeno sul quale intervenire, e di alcune sue caratteristiche, può aiutare a formulare qualche ipotesi di intervento.
Un rapporto sull’astensionismo alle elezioni politiche del 2022 quantifica in 591.507 (dato dicembre 2018) i giovani con più di 18 anni che studiano fuori dai confini della provincia cui appartiene il loro comune di residenza; oltre un terzo impiegherebbe più di quattro ore nel tragitto andata e ritorno tra casa e università. Il numero sottostima il fenomeno.
Secondo il Miur, nell’anno accademico 2021-2022, gli studenti universitari erano 1.609.292, iscritti in 81 atenei, ubicati in una sessantina di città (alcune ne hanno più di uno; Roma undici).
Negli atenei che hanno le loro sedi nelle 41 città per le quali è possibile incrociare il numero di abitanti con i dati sulla provenienza degli studenti, gli iscritti sono 1,48 milioni; 684 mila sono residenti in un comune della stessa provincia in cui ha sede l’ateneo e 800 mila circa al di fuori di essa. È quest’ultimo il numero che possiamo prendere a riferimento come dimensione del fenomeno dei fuori sede, sebbene si tratti di un’approssimazione per difetto, che non considera gli studenti residenti negli altri comuni della provincia in cui si trova anche l’ateneo cui sono iscritti.
Applicando il rapporto fuori sede/totale iscritti calcolato per gli atenei delle 41 città all’insieme degli studenti universitari, i fuori sede, intesi come fuori provincia, diventano circa 900 mila, di cui oltre 300 mila impiegherebbero, in base a quanto risulta dal rapporto sull’astensionismo, almeno quattro ore nel percorso casa-università-casa.
Ovviamente non tutti gli atenei e le città in cui hanno sede esercitano lo stesso richiamo sugli studenti. Per alcune delle 41 città, l’università riveste un’importanza notevole. In nove di esse (Bologna, L’Aquila, Macerata, Salerno, Siena, Padova; Pavia, Cosenza, Pisa), il numero di universitari è pari ad almeno il 20 per cento della popolazione. In tredici (Aosta, Reggio Calabria, Bolzano, Genova, Palermo, Benevento, Roma, Brescia, Trieste, Foggia, Verona, Teramo, Venezia) la percentuale resta sotto il 10 per cento; in due non raggiunge il 3 per cento.
Le conseguenze della presenza degli studenti sul mercato della locazione di ogni singola città dipendono sia dalla situazione dei mercati immobiliari locali sia dalla provenienza geografica degli iscritti all’ateneo, oltre che da altri fattori. La capacità di attrazione è sia “da vicinato”, nei confronti dei giovani residenti negli altri comuni della stessa provincia, sia “da remoto”, verso chi provenienti dalle restanti province.
Il grafico 1 confronta, per ogni città, la forza di attrazione da vicinato e quella da remoto. Sono forze complementari, che concorrono in misura molto differente alla formazione del numero totale di studenti di ogni città. Ferrara e Brescia presentano la composizione più squilibrata, ma pressoché speculare, tra i due tipi di attrazioni, con un’accentuata predominanza di quella da remoto per la prima e di quella da vicinato per la seconda.
La ricerca di fattori cui correlare i due tipi di attrazione offre pochi elementi per interpretare il loro concorso al numero totale degli studenti iscritti nelle università di ogni città. La dimensione della città non sembra un parametro esplicativo con una forte influenza.
Metropoli come Milano, Roma o Napoli presentano una composizione della forza di attrazione molto diversa; lo stesso può dirsi per cittadine con un numero relativamente piccolo di abitanti, come Enna, Aosta, Macerata, Siena, per citarne alcune. Sebbene con qualche eccezione, sembra rintracciabile una relazione tra la provenienza degli iscritti agli atenei di una città e la collocazione geografica di quest’ultima.
In prevalenza gli atenei delle città del Nord esercitano un’attrazione da remoto molto più potente di quelli ubicati nelle città del Sud. Le undici città nei cui atenei almeno il 70 per cento degli iscritti è costituito da studenti fuori sede, sono tutte a Nord di Roma, con la sola eccezione di Enna, cui si aggiunge Catanzaro se si abbassa la percentuale al 50 per cento.
La tabella 1 riporta il numero di città per classi di popolazione e per classi di percentuali dei fuori sede sulla popolazione. Le città nelle quali i fuori sede fanno crescere la popolazione per non più del 5 per cento si distribuiscono in tutte le classi demografiche. Nessuna di quelle per le quali la percentuale è almeno del 15 per cento ha più di 500 mila abitanti; anche le città nelle quali il numero dei fuori sede è pari almeno a un quinto della popolazione appartengono tutte alla classe demografica 200 mila-500 mila abitanti.
Tra i due parametri incrociati nella tabella 1 pare evidente che non ci sia alcuna correlazione. Tuttavia, non è inverosimile ritenere che passando da una classe alla successiva della percentuale di fuori sede sulla popolazione aumenti anche la loro pressione sul mercato immobiliare locale. Nelle situazioni in cui il mercato è di per sé pressato dalla domanda di alloggi in affitto dei residenti e, in qualche caso, anche da quella degli affitti brevi alimentata dai flussi turistici, i fuori sede possono trovare una sistemazione abitativa solo a condizioni molto onerose, ma al tempo stesso concorrono, con la loro domanda aggiuntiva, a sostenere i canoni.
Ogni iniziativa volta a rendere meno onerosa per i fuori sede la soluzione del problema della casa dovrebbe pertanto prevedere sia azioni specificamente indirizzate a essi sia interventi, di carattere più generale, su segmenti più ampi del mercato dell’affitto.
Raffaele Lungarella, docente di economia - per gentile concessione www.lavoce.info
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