Eugenio Bennato, in onore dei festeggiamenti della Madonna del Carmine, ha rilasciato una lunga intervista a IlQuaderno.it.
Il tour dell’artista partenopeo, che ha fatto tappa in quel di Frasso Telesino (Provincia di Benevento); si fonda su temi storici importantissimi, come il brigantaggio. Prima di entrare nello specifico, però, Eugenio Bennato ha preferito parlare dall’ultima tournée nei paesi del Maghreb.
“A marzo abbiamo toccato tutti i paesi del Maghreb: Marocco, Algeria, Tunisia ed Egitto. E’ stato veramente molto emozionante. Siamo al cospetto di una musica che offre un’immagine diversa dell’Italia, soprattutto nei paesi del mediterraneo. E’ stato molto particolare il rapporto che si è creato nei teatri di queste città - ma soprattutto - l’arricchimento che il musicista ha potuto acquisire”.
“Il tour che io porto in giro - continua Bennato - affronta tematiche che parlano del riscatto del sud nel momento in cui la globalizzazione sta mostrando un nord -ovest in crisi, una crisi di valori, di ideologie. E’ un riscatto che va inteso come Universo che inizia a pensare a se stesso in prima persona, e non come un nord mancato, sovvertendo dei valori. Ne dico uno per tutti: la lentezza. Stasera aprirò questo mio concerto con un brano intitolato ‘Il Mondo corre’. E’ una canzone che rappresenta la rivendicazione di una dimensione tipicamente meridionale: quella di andar lenti e di guardarsi intorno, di vivere, di respirare, in un momento in cui è difficile poterlo fare con la velocità dei mass media, d’internet e così via. Il tema del brigantaggio, in questo concerto, mi tocca particolarmente, visto che è dedicato ad un grande brigante contemporaneo che è Enzo Matarazzo”.
Bennato, poi, spiega il motivo del connubio tra sonorità arabe e musicalità italiana, una miscela sempre presente nelle sue canzoni: “All’inizio di questo millennio pensai alla nostra povera musica popolare, che però aveva un elemento fondamentale, rivoluzionario: quello di contrapporsi alla globalizzazione. Visto che il nemico da sconfiggere l’abbiamo tutti i giorni dinanzi agli occhi: vedi i talent, che definirei un modello di sottocultura che porta alla perdita d’identità e al disadattamento, pensai ad un’alleanza con il mediterraneo, con le sonorità arabe, che rimbalzano fino a noi e sono molto simili alla nostra etnia. Nella sua storia, e non è un caso, il mediterraneo è stato un mare di scambi. Quest’alleanza, quindi, la pensai necessaria per poter affrontare la vera contrapposizione – ossia – la musica di consumo. Negli ultimi tempi, con la fondazione di Taranta Power, in termini numerici c'è stato un ribaltamento. Oggi la contrapposizione è frontale, non più di pochi eletti contro una massa”.
Eugenio Bennato è accompagnato da una band di grandi professionisti “C’è Stefano Simonetta – bassista, lui è un compositore straordinario. Poi c’è Ezio Lambiase alle chitarre. Si tratta di un chitarrista classico che è poi passato alle intemperanze della musica rock e del Jazz, ma da quando ci conosciamo abbiamo un’ interazione straordinaria. Poi c’è la quasi esordiente, Francesca Del Duca, napoletana, percussionista- professionista. Ha anche vissuto in Australia e in America, quindi è una voce che ci dà delle sonorità interessanti. Abbiamo Sonia Totaro che, appena vidi, decisi subito di prenderla perché ha una marcia in più e una voce particolare. Infine, c’è Mohammed El Alaoui che è bravissimo e ha una tecnica straordinaria”
Il Cairo, indubbiamente, ha regalato al maestro la sua più grande emozione: “Cairo è la New York del mediterraneo con 20 milioni di abitanti. Andammo lì per un concerto, ma il giorno prima mi chiesero di fare un’intervista per una tv. L’intervista, però, era dopo il concerto. Mi sembrò tutto molto strano, mi chiesi il perché di tutto questo; in un posto, tra l’altro, che distava 50 chilometri. Mi dissero che era la trasmissione più importante di tutto il Maghreb. Arrivammo lì, io e Mohammed, e alle 2 di notte trovammo un pubblico di 300 persone ad attenderci. Era tutta gente che aspettava noi. Erano le 2 di notte, non avevamo fatto alcuna prova, ma amplificammo le chitarre e iniziammo suonare. Mi trovai al cospetto della situazione più estrema della mia carriera. Erano tutti egiziani, ma alla fine si rivelò un trionfo. E’ stata la cosa più difficile della mia carriera”.
Come sempre, il ricordo della propria città, delle proprie origini, non può mancare: “Napoli per me rappresenta il vantaggio che hanno tutti gli artisti di vivere in una città che ha la capacità di sorprendere il mondo. Cito un esempio per tutti: il mio amico Pino Daniele,che arriva in una città dove vi era una grande ricchezza della canzone napoletana e ne cambia quel mondo, dicendo parole che non erano mai state dette prima, quali ‘Mitt e criature o sole' (metti i bambini al sole ndr). Lui fa una cosa sorprendente per tutto il mondo: rinnova la canzone napoletana".
"Quando ero ragazzo avevo un maestro di nome Eduardo Caliendo, il quale veniva dalla scuola di Roberto Murolo. Mi tramise l'eleganza. Poi incontrai Eduardo De Filippo. Napoli è la città più colta del mondo perché viene dalla Magna Grecia. Nonostante tutti i suoi problemi, resta una città stimolante e unica, lontana da ogni forma di arroganza del potere”.
Claudio Donato - Carmen Chiara Camarca
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