“Riteniamo che la costituzione dell’ATO sia l’unico strumento in grado di risolvere la questione dei rifiuti donando aspettative lavorative future più serene per tutti i lavoratori storici del settore”.
I lavoratori della Samte hanno inviato una richiesta di incontro a Giovanna Tozzi presidente dell’Ato Rifiuti Benevento e vicesindaco di San Leucio del Sannio. “Da qualche tempo – scrivono i lavoratori – sugli organi di stampa locale stiamo assistendo a reiterate polemiche di politici e presunti analisti sulla questione irrisolta della gestione dei rifiuti. Una volta per tutte noi rispondiamo che per una soluzione definitiva della problematica andrebbe avviata una seria e competente discussione con tutte le parti istituzionali e sociali del territorio per mettere fine all’annosa gestione dei rifiuti. Il tema dei rifiuti non è né di destra, né di sinistra, né tantomeno, di organizzazioni politiche emergenti , ma di tutta la comunità territoriale”.
Dopo tale premessa i lavoratori si dicono preoccupati per il futuro. “Intanto, le nostre preoccupazioni aumentano giorno dopo giorno: Il concordato in continuità presentato al Tribunale di Benevento ancora non è stato discusso; la cassa integrazione a rotazione, oltre che tagliare dalle buste paga una parte sostanziosa del salario, sta causando grosse problematiche per la gestione. Il progetto dell’impianto di compostaggio (finanziato dalla Regione e approvato dalla Provincia) va a rilento e temiamo che per essere ultimato ci vogliano ancora diversi mesi. Dunque, l’incertezza degli esiti del concordato, il ritardo dell’ato congiuntamente a carichi di lavoro eccessivi a cui siamo costretti a sottostare per la carenza del personale collocato in cassa, sono tutti elementi che fanno da cornice ad un quadro già di per sé precario, incerto che non ci permette di essere sereni riguardo il nostro futuro lavorativo”.
Da qui la richiesta di un incontro urgente con la Tozzi “per discutere del futuro e delle problematiche dei cinquantaquattro dipendenti che da circa vent’ anni lavorano allo Stir di Casalduni, gli stessi che, nella fase di emergenza rifiuti in Campania, si sono prodigati con impegno mettendosi al servizio di tutti con senso di responsabilità ed abnegazione, riuscendo a lavorare con spirito solidaristico fino a 90mila tonnellate annue di rifiuti indifferenziati che arrivavano da ogni parte del territorio regionale, assolvendo al proprio compito con efficienza ed efficacia. Si rende altresì necessario l’incontro perché la strumentalizzazione in atto sull’aumento della nuova tariffa dei rifiuti abbisogna di verità, non si possono penalizzare ancora una volta per logiche politiche cinquantaquattro famiglie e scaricare solo su una parte del ciclo dei rifiuti le colpe, a maggior ragione se in modo mendace e strumentale. Vogliamo ricordare, ancora, che anno dopo anno la raccolta differenziata aumentava in percentuale sempre crescente nel Sannio, ed i rifiuti indifferenziati diminuivano di conseguenza fino ad arrivare al conferimento attuale verso lo Stir di Casalduni di circa 29mila tonnellate di rifiuti indifferenziati, ovvero, per intenderci, quelli che i cittadini mettono nella busta nera e che di norma in ogni comune viene raccolta una sola volta a settimana. A causa di questa drastica diminuzione di conferimenti per ben tre volte si è dovuto ricorrere alla cassa integrazione, (attualmente in corso d’erogazione). Solo questo dato ,di per se, dovrebbe permettere ai più di intuire che tale tipologia di rifiuti non può far lievitare, da sola e a tal punto, i costi della TARI. Purtroppo tale è la ‘cattiva pubblicità’ che si sta perpetrando ormai da tempo e sta convincendo gli ignari cittadini che l’aumento della raccolta differenziata in termini di qualità di servizio avrebbe dovuto automaticamente comportare anche minori costi per i contribuenti”.
I lavoratori poi sottolineano: “Chiaramente i costi salgono non perché non sia conveniente fare raccolta differenziata ,ma perché sul territorio non sono presenti impianti adibiti alla ricezione dei materiali valorizzabili quali: carta e cartone, plastica e alluminio, vetro e, soprattutto, rifiuti organici per i quali non esiste un impianto di compostaggio. È stata proprio la mancanza di questi impianti che più di ogni altra cosa ha contribuito in senso negativo allo scellerato aumento dei costi di gestione che gravano sulle spalle dei cittadini. Questo perché la maggior parte degli impianti sono situati al nord e ciò comporta elevati costi di trasporto che sono direttamente proporzionali ai costi di gestione del servizio. Altra causa è rappresentata dalla chiusura della discarica di Sant’Arcangelo. Tale faccenda ha inciso ulteriormente sui costi di conferimenti perché anche solo per il ‘FOS’ (frazione organica stabilizzata )un terriccio innocuo si è costretti da anni anche di questa tipologia di risulta a trasportarla per poterla smaltire in discariche situate fuori regione”.
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