Il 27 gennaio del 1945 l’Armata Rossa liberò il campo di concentramento di Auschwitz, la celebrazione è stata poi ratificata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 1 novembre 2005.
Gli orrori della guerra e della follia hitleriana furono mostrati a tutti quando si aprirono i cancelli di Auschwitz. Li, furono deportate 1milione e 300mila persone, 1milione e 120mila i morti, senza contare Mauthausen o Buchenwald e gli altri numerosi campi di prigionia o di sterminio. L’Oloacusto, 15 milioni di morti totali, colpì non solo la popolazione ebraica ma anche i dissidenti politici, le diverse etnie ritenute “inferiori” alla razza ariana, gli omosessuali, prostitute.
Solo Auschwitz contava 45 sottocampi una distesa immane di morte, terrore e distruzione dove i nazisti coltivarono anche numerosi esperimenti medici. La deportazione non tralasciò nemmeno l’Italia fascista che all’epoca alleata dei tedeschi emanò nel 1938 le famigerate “leggi razziali”. Numerosi lager erano presenti anche nel bel Paese, forse il più famoso è quello di Trieste, la 'Risiera di San Sabba’ ma esistevano anche quelli ritenuti di transito come Fossoli, Bolzano, Borgo San Dalmazzo, 35 in tutto, mentre dalle stazioni e dal binario 21 di Milano, partivano i convogli destinati alla deportazione.
Ricordare però, negli anni potrebbe essere un mero esercizio o diventare ricorrenza simbolica svuotata da ogni significato. Dietro l’Olocausto c’è tutto un sottobosco di eventi, di odio, di ghettizzazione che è proseguito sicuramente in maniera diversa, forse meno cruenta, negli anni senza risparmiare morti e vittime innocenti. Dai conflitti in Palestina, al genocidio degli Armeni, all’Apartheid, ai muri eretti in queste ore per respingere i migranti nel silenzio complice e connivente di molti stati democratici. Ricordare oggi significa più che altro aprire alla tolleranza alla convivenza tra i popoli. Significa voltarsi indietro e tenere ben presenti gli orrori commessi e fare in modo che non accadano più, in nessuna parte del mondo. Ricordare oggi, significa vincere la paura dell'altro, del diverso. Auschwitz oggi, sono anche i volti dei tanti morti in mare, dei tanti no che pronunciamo.
Molte anche a Benevento le manifestazioni per la Giornata della Memoria. Dalla presenza di Miriam Rebhum, alla commemorazione organizzata dalla Cgil con il senatore Conte all’evento Memoria e Libertà in programma nel pomeriggio al Museo del Sannio e la cerimonia e la consegna delle medaglie della memoria in Prefettura.
Paul Shreiner - Sopravvissuto alla Shoah (Rotary Club Benevento - 2015)
Quali miglior parole allora se non quelle di Primo Levi, scrittore partigiano e chimico italiano deportato ad Auschwitz per provare ad immergerci nel significato profondo di questa giornata. In “Se questo è un uomo” scrisse, “ A molti, individui o popoli, può accadere di ritenere, più o meno consapevolmente, che «ogni straniero è nemico». Per lo più questa convinzione giace in fondo agli animi come una infezione latente; si manifesta solo in atti saltuari e incoordinati, e non sta all'origine di un sistema di pensiero. Ma quando questo avviene, quando il dogma inespresso diventa premessa maggiore di un sillogismo, allora, al termine della catena, sta il Lager. Esso è il prodotto di una concezione del mondo portata alle sue conseguenze con rigorosa coerenza: finché la concezione sussiste, le conseguenze ci minacciano. La storia dei campi di distruzione dovrebbe venire intesa da tutti come un sinistro segnale di pericolo”.
Michele Palmieri
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