Sardegna, criticità nella gestione dell’acqua: ecco la situazione
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(Adnkronos) - La salvaguardia delle risorse idriche e la corretta gestione dei servizi legati all’acqua sono elementi fondamentali per assicurare il benessere della popolazione e la sostenibilità ambientale, come anche richiamato nell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite con il Goal 6 “Garantire a tutti la disponibilità e la gestione sostenibile dell’acqua”.
In occasione della Giornata Mondiale dell’Acqua dalle Nazioni Unite, l’Istat ha pubblicato uno studio sul tema delle risorse idriche a partire da una serie di dati e rilevazioni. Tra gli indicatori più significativi, emerge che nel 2023 la fornitura di acqua è stata razionata in un terzo dei capoluoghi di provincia del Mezzogiorno. Inoltre, in Italia ben 6,6 milioni di residenti non risultano allacciati alla rete fognaria comunale.
In tema di gestione dei servizi idrici per uso civile, si evidenzia una elevata frammentazione, con 2.110 enti gestori attivi sul territorio nazionale nel 2022. Da segnalare, inoltre, che un quarto delle spese per la protezione dell’ambiente viene destinato ai servizi di gestione delle acque reflue. Relativamente alla Sardegna, la situazione idrica evidenzia alcune criticità. Da una parte, infatti, le scarse precipitazioni e la carenza di infrastrutture adeguate causano ricorrenti deficit idrici nei principali bacini artificiali, dall’altra emergono giudizi negativi da parte di molti cittadini: quasi la metà della popolazione (48,2%) non si fida a bere dal rubinetto e circa il 34% dei sardi si dichiara “poco” e “per niente” soddisfatto del servizio idrico.
Tra gli indicatori che caratterizzano le risorse idriche in Sardegna, la regione al primo posto per quantità di acqua prelevata per uso potabile dai bacini artificiali, con oltre 238 milioni di metri cubi su un totale prelevato di 294 milioni, che corrisponde a circa l’81% del totale.
Dalle altre fonti, risulta prelevato solo il 19% del totale, nello specifico: 31,1 milioni di metri cubi provengono da sorgenti, 24,2 milioni di metri cubi da pozzi e solo 0,4 milioni dai corsi d’acqua superficiali. Questi dati riguardano l’attività dei gestori specializzati.
Ulteriori 9,2 milioni di metri cubi di acqua vengono prelevate dalla cosiddetta gestione in economia ovvero da amministrazioni locali che operano nel campo dei servizi pubblici idrici. In questo ambito, 6,1 milioni di metri cubi provengono da pozzo, 3,1 milioni da sorgente.
In ambito di copertura del servizio pubblico di fognatura, la Sardegna si distingue a livello nazionale tra le migliori regioni, con il 95,1% della popolazione residente allacciata alla rete, dietro solo a Valle d’Aosta, Trentino-Alto Adige e Lombardia.
In tutte le province sarde si registra una percentuale più elevata della media nazionale, con una punta massima del 97% a Oristano, seguita dal Sud Sardegna con il 96,5%, Nuoro con il 96,3%, Cagliari 94,1% e Sassari 93,9% (dati Istat relativi al 2022)
A livello di gestione del servizio, nel 95% dei comuni sardi il servizio pubblico di fognatura è gestito da fornitori specializzati, il restante 5% è gestito da amministrazioni locali che operano nel settore dei servizi idrici.
Secondo i dati Istat, in Sardegna nel 2022 sono stati censiti complessivamente 391 impianti di depurazione delle acque reflue e carichi inquinanti, per 4.898 abitanti equivalenti per progetto.
Del totale degli impianti in esercizio, 290 sono di tipo secondario, che solitamente applicano un trattamento biologico mediante sedimentazione con biomassa sospesa o biomassa sospesa. 63 impianti sono di tipo avanzato, 38 di tipo primario/con vasca Imhoff, che prevede uno speciale trattamento di abbattimento dei carichi inquinanti eseguito in vasche settiche
Per quanto attiene la titolarità degli impianti di depurazione, i gestori specializzati conducono 277 impianti di tipo secondario, 57 di quelli di tipo avanzato, 26 di tipo primario/con vasca Imhoff. La gestione “in economia” ovvero delle amministrazioni locali comprende 13 impianti di tipo secondario, 12 primari/con vasca Imhoff, 6 di tipo avanzato.
Nel 2023, secondo l’Istat, 14 Comuni capoluogo in Italia sono stati interessati da misure di razionamento ovvero riduzione o sospensione nell’erogazione dell’acqua per uso domestico, 13 dei quali ubicati nel Mezzogiorno e uno, Chieti, nel Centro Italia. Di questi, la maggior parte (9) in Sicilia e Calabria e uno in Sardegna, Nuoro, ma solo per una parte del territorio comunale.
I disservizi che hanno riguardato il territorio comunale di Nuoro sono comunque stati piuttosto marginali coinvolgendo solo lo 0,2% della popolazione con riduzione, sospensione o razionamento della fornitura solo per un periodo di 15 giorni.
Se a livello nazionale, il numero dei capoluoghi interessati dal razionamento idrico, negli ultimi anni sale da 9 a 14 (rispetto al 2019), in Sardegna solo la zona di Sassari aveva subito in passato razionamenti dell’acqua, in particolare negli anni dal 2011 al 2018, ma nessun altro comune capoluogo è stato interessato da tale provvedimento.
Tra i principali indicatori del livello di gestione dei servizi idrici territoriali c’è il giudizio degli utenti. In questo senso, l’Istat segnala che i sardi nel 2024 lamentano lacune più o meno importanti: il 9,6% degli utenti allacciati alla rete idrica, infatti, si dichiara “per niente soddisfatto”. La percentuale più elevata tra tutte le regioni italiane.
Anche la percentuale dei “poco soddisfatti” è la più elevata d’Italia, ovvero il 24% degli utenti. Inoltre, il 55% si dichiara “abbastanza soddisfatto”, percentuale più bassa tra tutte quelle delle altre regioni. Per contro, solo l’11,3% degli utenti sardi si dichiara “molto soddisfatto” del servizio idrico, dietro di loro solo i campani (10,8%) e gli abruzzesi (11,2%).
A sostegno di un diffuso sentiment negativo della popolazione sarda nei riguardi del servizio idrico, segnaliamo che il 18% delle famiglie lamenta irregolarità nell’erogazione dell’acqua, contro una media italiana dell’8,7%, mentre il 48,2% non si fida a bere l’acqua del rubinetto di casa, quasi 20 punti superiore alla media delle altre regioni.
Se a livello nazionale nel 2022 si registra una lieve flessione (-0,8%) nei prelievi di acque minerali naturali ai fini di produzione, la Sardegna è in controtendenza con un aumento su base annua del 13,8% che corrisponde a +49 mila metri cubi. Un aumento percentuale che pone la regione al terzo posto dietro solo a Liguria +24% e Friuli-Venezia Giulia +16,9%.
Complessivamente in Sardegna nel 2022 sono stati prelevati 402 mila metri cubi ai fini di produzione contro i 354 mila del 2021 e i 386 mila del 2020, mentre per trovare un valore assoluto più elevato bisogna tornare al 2017 quando i prelievi furono pari a 520 mila metri cubi.
Per quanto riguarda invece il consumo di acqua minerale, la percentuale di sardi dagli 11 anni in su che beve almeno mezzo litro al giorno è l’83,7%, poco superiore alla media italiana dell’82,6% (dato relativo al 2024).
All’interno dell’Accordo per lo Sviluppo e la Coesione per la Sardegna, sottoscritto il 28 novembre 2024 dal Presidente della Regione, Alessandra Todde e dal Premier Giorgia Meloni, nel più generale ambito di applicazione del Decreto Sud, sono state stanziate risorse complessive pari a 3,55 miliardi per 294 interventi strategici relativi a cinque priorità.
L’ambito a cui sono destinate le risorse maggiori, 735 milioni di euro, riguarda proprio Ambiente e risorse idriche, al fine di migliorare l’approvvigionamento idrico sull’Isola e riqualificare le reti degli acquedotti, diffusamente obsolete e contrassegnate da criticità.
A livello di governance regionale, il 22 gennaio 2025 la Giunta ha approvato il Piano regionale di sviluppo (Prs) 2024-2029, un documento di programmazione pluriennale che prevede le strategie attraverso cui la Regione intende perseguire gli obiettivi di sviluppo economico, sociale e ambientale del programma di Governo regionale. Il Prs è suddiviso in 10 ambiti strategici, tra cui Ambiente e paesaggio, che prevede, tra l’altro, fondi per 1,7 miliardi di euro destinati all’efficientamento delle risorse idriche.