Petrolio nel Sannio. Il caso Arpa Molise e l'ambigua posizione della Regione Campania

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Sarà anche vero che il ‘Progetto Nusco’ (698,50 Kmq complessivi, di cui 696 kmq in provincia di Avellino), interessa solo per 2,50 kmq la provincia di Benevento, ma allo stesso tempo può essere un precedente pericoloso per il prosieguo anche degli altri progetti che tengono il Sannio con il fiato sospeso: ‘Case Capozzi’ 423,70 i KMq da trivellare e ‘Pietra Spaccata’ dove i kmq sono 333,30. Il caso questa volta è tutto politico. Qualche giorno fa l’assessore regionale Vittorio Fucci – delegato di Caldoro sulla questione idrocarburi – aveva dichiarato: “L'impegno della giunta regionale sulla questione petrolio si sta esplicando ai massimi livelli. Dalle informazioni che mi giungono dalla commissione Via sembrerebbe ci siano gli estremi per procedere ad una archiviazione del progetto Gesualdo1, giacché la Cogeid non avrebbe ancora provveduto entro i termini a promuovere istanza di ripubblicazione dello stesso sul Burc. A questo punto noi, con la massima trasparenza, andremo avanti. Nulla sarà lasciato al caso”. La replica della Cogeid non si è lasciata attendere ed a parlare  è stato Paoloni, il project manager della ditta: “Non abbiamo provveduto alla ripubblicazione sul Burc perché la Regione non ce lo ha richiesto. La Regione ci ha invitato a pubblicare le integrazioni su un quotidiano nazionale, nonché a inviarne copia integrale ai comuni e agli altri enti interessati come la Provincia. L'avviso dell'avvenuto deposito non è stato pubblicato sul Burc ma sul Corriere del Mezzogiorno. Comunque approfondiremo la questione con la Regione perché non abbiamo alcuna intenzione di procedere con l'archiviazione del progetto Gesualdo1. Anzi, spingeremo nella direzione contraria”. Un botta e risposta che denota la totale assenza e lontananza della Regione rispetto ai problemi legati alle trivellazioni, progetti inseriti nel programma non solo strategico nazionale ma anche nel quadro europeo di Horizon 2020.  Va sempre avanti inoltre il Progetto Santacroce dell’azienda palermitana Irmino Srl, un progetto mastodontico, su cui vige il silenzio più assoluto, sarebbero infatti 745,60 i kmq sottoposti alle prospezioni suddivisi in Campania 104,4 kmq e Molise 641,2 kmq su un territorio che che va da Ripamolisani e Matrice in provincia di Campobasso fino a Morcone, Sassinoro, Santa Croce del Sannio e Castelpagano in provincia di Benevento. Progetto sul quale è stato chiesto un differimento e di conseguenza la rinuncia all'istanza di sospensione.
IlQuaderno.it ha così deciso di chiarificare entrambe le vicende avvalendosi del Comitato No Triv Sannio, partendo proprio dal Progetto Nusco e quindi dal pozzo Gesualdo1 che chiosa il comitato: “secondo Casero (Cogeid) sarà ad impatto zero. Un assurdo, ed è scandaloso e vergognoso che venga detto proprio da tecnici. Ogni attività antropica presenta un impatto ed è riconosciuto stesso dagli operatori del settore petrolifero che tali attività presentano alti impatti ambientali. C’è da domandarsi allora come mai ovunque si siano estratti idrocarburi, le aree interessate siano state oggetto poi di piani di bonifica. La Regione Campania, ha inserito nel Piano di Bonifica regionale i siti interessati dai pozzi trivellati dagli anni 60 fin agli anni 90 e in più ha vietato qualsiasi tipo di coltivazione a scopo antropico nel raggio di 1 km dai pozzi scavati. Tanto vero ciò che attualmente - concludono – l’Eni sta provvedendo alla bonifiche del sito di San Marco dei Cavoti”.

PROGETTO S. CROCE

“Il progetto S. Croce – continua il comitato- ha ottenuto l’autorizzazione, ma non sappiamo se sono state effettuate le indagini geofisiche, non sappiamo nemmeno se i comuni abbiano ricevuto tutti l’avviso di deposito del progetto. Parliamo di un progetto partito nel 2010 su cui vige il silenzio più assoluto”. Poi chiariscono il punto: “ quando si attua la procedura VIA, bisogna informare tutti gli enti con un avviso dell’avvenuto deposito e dunque Regione, provincia e comuni. La Irmino, avendo in scadenza 2016 l’autorizzazione concessa dal Ministero per realizzare un pozzo esplorativo, ha presentato recentemente richiesta per uno slittamento dei termini. Appare chiaro che è una mossa dettata dalla nuova normativa “Sblocca Italia“ che accelera di molto gli iter burocratici. Il progetto, per quanto riguarda la perforazione del pozzo esplorativo appare dunque essere quella più avanzata nei tempi, mentre per Case Capozzi e Pietra Spaccata ancora devono essere rilasciate le necessarie autorizzazioni. Si denota inoltre una latitanza delle amministrazioni locali, latitanza che va a giustificare quindi cosa? Forse la dichiarazione di Marsiglia  (Federpetroli) che in una nota del marzo 2014, dopo l’inchiesta di report lasciava palesemente trasparire una sorta di collaborazione con le amministrazioni?".

RADIOATTIVITÀ
Tutto parte dalle dichiarazioni di Schiavone (pentito del clan dei Casalesi) che fa riferimento a come “fino al 1991-1992 scaricavamo dalla zona di Latina fino a Benevento” (pag.25 delle dichiarazioni desecretate) mentre a pagina 20 si denota come la ‘zona d’influenza ad est’ si estendesse da “tutto il Matese fino alla zona di Benevento”. I casalesi però in questo caso non c’entrano, anzi hanno magari il "merito" di aver aperto una botola oscura sul passato di questo Paese e messo in movimento alcuni meccanismi di controllo. Fu dopo queste dichiarazioni che l’Arpa Molise decise di effettuare degli accertamenti sulla qualità dell’ambiente nel comune di Cercemaggiore ex pozzo petrolifero - ex Montedison - S. Croce I loc. Capoiaccio. Il primo sopralluogo venne effettuato il 15 gennaio del 2014 e vennero effettuate delle “misurazioni in specifici punti sul valore della radioattività (gamma) ed il confronto dei dati col fondo naturale”. Il secondo sopralluogo avvenne nei giorni 17 e 21 gennaio 2014 e vennero effettuate “ulteriori indagini finalizzate alla corretta individuazione dell’area ed alla identificazione di possibili fonti di contaminazione, attraverso misurazioni estese della radioattività (gamma)”. Il terzo sopralluogo avvenne il 13 ed il 18 febbraio 2014 e venne eseguita la “misurazione in situ di tipo spettrometrico per la individuazione del tipo di elementi radioattivi”. L’ultimo fu eseguito il 26 marzo 2014 e vide “ l’ulteriore verifica sulla presenza di radioattività anomala in aree attigue e non precedentemente indagate”. Come si evince dall’incartamento dell’Arpa Molise i risultati furono: “le indagini finora condotte hanno permesso di stabilire una diffusa presenza su determinate aree di una radioattività (gamma) superiore anche di 10 volte il valore di fondo, assumendo quale valore di fondo quello dosimetrico di circa 50 nSv/h. Le aree sono state perimetrale ed esse corrispondono ai seguenti parametri: l’intero complesso ‘Santa Croce 001’, interessato dalle radioattività di estrazioni petrolifere ha un’estensione 2.5 ha. Dall’esame cartografico e dalle ortofoto storiche si è potuto evincere che sull’area insistevano, in origine, ovvero durante la fase produttiva, elementi impiantistici tra cui serbatoi e vasche destinate alla decantazione delle acque di estrazione, per la successiva reiniezione nei pozzi di estrazione”. Poi continua: “ Da un’analisi della documentazione in possesso di questa Agenzia si è potuto inoltre stabilire che in tali vasche venivano trattate anche le acque di estrazione provenienti da altri pozzi insistenti sul territorio di Cercemaggiore ed inoltre anche quelle provenienti da altri pozzi extra-regionali(Basilicata). Nello specifico so è potuto stabilire che una porzione di territorio sostanzialmente in prossimità delle vasche e della misura di 0.5 ha è interessata dai citati valori abnormi di radiazioni(gamma). Tale rilievo ha indotto il Sindaco, su sollecitazione di questo Dipartimento, a circoscrivere l’area con la collocazioni di avvisi di “rischio radioattivo”. Nelle considerazioni il riferimento ai pozzi scavati negli anni ’70-’80 è palese, e sono riconducibili ad esse dunque tali presenze di radioattività perchè – si legge- “ Normalmente, i processi usati per estrarre petrolio e gas generano scarti radioattivi in differenti forme”. Insomma la radioattività di quei luoghi, che potrebbero essere nuovamente oggetto di perforazione nel suddetto progetto Santacroce, potrebbe essere attribuita a “radionuclidi di origine naturale, in particolare il radioisotopo naturale Piombo 212”. Tali problemi ambientali, derivanti dalle estrazioni di idrocarburi sono stati da tempo segnalati sia dall’EPA (l’agenzia per la protezione ambientale americana) sia dalla AIEA( agenzia energia atomica mondiale ). C’è da chiedersi come mai solo l’Arpa Molise si è interessata al problema, mentre la Regione Campania non è ancora intervenuta.

LA TEORIA DEL TEMPOREGGIARE

Sotto accusa per il comitato No Triv Sannio è l’atteggiamento ‘istituzionale’ assunto dalla Regione Campania. “Noi non siamo – affermano - per il no a prescindere, ma per la tutela e per la salvaguardia in toto del territorio dalla speculazione. Per noi non vale l’equazione territorio disabitato o semidisabitato uguale distruzione. Quello che sta avvenendo è un mero esercizio finalizzato a non prendere decisioni”. Il perchè viene spiegato immediatamente: “ nel breve periodo vi sono le elezioni regionali e prendere decisioni di questo tipo potrebbe essere deleterio ai fini del voto, allora si punta a non decidere, puntando così ad arrivare ‘indenni’ per lavarsene le mani al limite massimo – 31 marzo – per poi girare la patata bollente dei permessi e del titolo di concessione unico al MISE (Ministero Sviluppo Economico) così come imposto dal decreto Sblocca Italia”. C’è di più aggiunge il comitato: “la Regione Campania ha anche impugnato lo Sblocca Italia che però è stato superato in alcuni commi dal Patto di Stabilità”. Un chiarimento in merito a questo punto Il Quaderno, lo ha chiesto a Enzo Di Salvatore, docente di Diritto Costituzionale presso l’Università degli Studi di Teramo - che alla domandala Regione Campania nei giorni immediatamente precedenti allo scorso Natale, decise di impugnare gli art. 36-37 e 38 dello Sblocca Italia. Questi articoli non sono stati superati dal Patto di Stabilità? L’impugnazione rischia di essere vana? – ha risposto: “È stato superato solo l'art. 38, comma 1-bis, dello Sblocca Italia a seguito delle modifiche introdotte dalla legge di stabilità 2015. La Regione Campania non aveva però impugnato quel comma, ma altri commi dell'art. 38. Questo non vuol dire però che non possa impugnare ora le modifiche apportate dalla legge di stabilità. C'è tempo fino al 27 febbraio”.
Insomma la Regione se volesse, potrebbe impugnare le modificare apportate al decreto Sblocca Italia e rendere più efficace l’intervento momento di tale atto, ma manca forse quella volontà politica che permetta questo atto di coraggio. Anzi, forse bisognerebbe utilizzare  il famoso PTR del 2008 e farlo prima del fatidico 31 marzo per salvaguardare in maniera corretta la vocazione naturale del territorio che è infondo quello che i comitato chiedono da sempre. Passo avanti che si lascerebbe alle spalle i soliti titoli di propaganda e costituirebbe la ripresa di quella ‘norma di salvaguardia della vocazione agricola’ lanciata nel 2013 dall’irpina D’Amelio, quota PD, bloccata dalla fiducia posta da Caldoro sulla finanziaria e dunque mai convertita in legge. Un iter che non vedrebbe nemmeno l’opposizione della ‘solita burocrazia’ perchè il titolo V della Costituzione non è ancora stato modificato. A questo punto però bisognerebbe anche chiedersi perchè esistono degli assessorati al petrolio proprio in quelle regioni che poi hanno impugnato lo Sblocca Italia per capire che la partita che si gioca è tutta centrata sul piano politico. Anche per scongiurare come avvenuto in Sardegna – ricorso al TAR effettuato dalla Saras contro la Regione Sardegna, per le motivazioni con cui il servizio ‘tecnco SAVI’ dichiarò improcedibile la valutazione del progetto, in quanto l'area rientrava integralmente nel vicolo paesaggistico regionale della fascia costiera e dunque la normativa del vincolo escludeva categoricamente l'impianto di qualsiasi nuova attività industriale nelle suddette aree. Metodi e dichiarazioni che non convincono comunque il mondo dei comitati che chiamano in causa anche la mancanza d’informazione. In questo momento chiosa il comitato: “Il PTR Campania così com'è non serve a nulla se non a garantire le attività estrattive. Infatti recita: che nelle aree di pregio è "sconsigliata" l'attività di estrazione di idrocarburi, ma allo stesso tempo lascia che per ragioni strategiche possono essere rilasciate autorizzazioni”. Letto in questi termini quindi sembra che il TPR Campania anticipi addirittura il decreto Sblocca Italia, l’esatto contrario del TPR Sardegna. Comitato che prosegue: “I cittadini non sono informati, e tocca a noi sopperire alla mancanza totale degli enti preposti alla tutela, perchè in questo caso se non c’è il cittadino informato a smuovere le cose non c’è nessuno”. Poi l’invito: “Il 14 a San Giorgio del Sannio ore 18 presso il Cilindro Nero proseguiremo il nostro viaggio informativo e sicuramente andremo anche a Santa Croce del Sannio”.
Michele Palmieri



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