Libri. "Storia di un presidente che si credeva un topo", romanzo di Giuseppe Tecce

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Storia di un presidente che si credeva un topo - romanzo di Giuseppe TecceStoria di un presidente che si credeva un topo - romanzo di Giuseppe Tecce

"Storia di un presidente che si credeva un topo" di Giuseppe Tecce è un romanzo in cui mescola realtà e fantasia per parlare di questa pandemia. Il racconto della storia di un uomo le cui azioni, anche le più piccole, diventano fondamentali nella sua quotidianità, essendo l'appiglio a cui si aggrappa per non perdere la lucidità.

«Andrea si svegliò alle sette e quaranta. Sentì un nodo alla gola, non riusciva ad accettare di essere prigioniero dentro la sua stessa casa»

Il romanzo di Tecce è un mix di realtà e finzione che racconta come la pandemia abbia cambiato per sempre le vite e i progetti degli uomini. Il protagonista è chiuso in una quarantena totale a causa del Coronavirus, ben oltre le norme governative. La storia racconta di un uomo le cui azioni, anche le più piccole, diventano fondamentali nella sua routine quotidiana, essendo l'appiglio a cui si aggrappa per non perdere la lucidità.

Andrea è lo storico presidente di una cooperativa sociale di Benevento. La sua routine, divisa tra gli impegni lavorativi e quelli familiari, subisce una battuta d'arresto che coinvolge buona parte della popolazione terrestre: la pandemia causata dal Coronavirus ridisegna le ascisse e le ordinate della quotidianità. Per Andrea è l'inizio di un periodo di forte disorientamento, poiché la sua salute è fragile e il timore del contagio lo porta all'autoreclusione, oltre i confini del lockdown. Quando cominciano a circolare le prime notizie relative a delle sperimentazioni in un istituto di Napoli, cresce in lui una speranza e in parallelo anche una consapevolezza: se fosse un topo, potrebbe avere un canale privilegiato per raggiungere il prezioso vaccino. E a desiderare troppo qualcosa, a volte, si ottengono risultati insperati.

L’autore presenta quindi un diario del lockdown, sin dal giorno uno, in cui descrive l’atteggiamento maniacale adottato dal protagonista per affrontare quel periodo di smarrimento: ad esempio, ogni mattina si osserva attentamente allo specchio, come per essere sicuro di riconoscersi ancora. Lentamente, però, si abbandona alla monotonia della sua “prigionia”, diventando sempre più apatico e nervoso - «Il senso di peso psicologico che Andrea portava dentro di sé – ben oltre la solita sensazione di ansia – era un macigno, messo in bilico tra testa e cuore, che sbilanciandosi, verso l’uno o verso l’altro, lo portava a sragionare o ad avere le palpitazioni».

Andrea non fa che pensare al virus e, quando scopre che si sta sperimentando un vaccino, è ossessionato dall’idea di trovare un modo per essere vaccinato al più presto, per «salvarsi dall’imminente distruzione del genere umano».

Mentre il protagonista svela il suo esasperato individualismo che sfocia in un egoismo senza pari, un evento a dir poco surreale lo spinge a cambiare la direzione del suo sguardo; forse una possibilità di salvezza c’è, per quanto sia estremamente azzardata, e potrebbe anche redimerlo dalla sua codardia.

Tecce racconta una storia emozionante che si conclude con un finale profondamente amaro e audace, che lascia un pressante interrogativo sulla veridicità di ciò che ci è stato appena narrato.

Giuseppe Tecce (Benevento, 1972) è laureato in giurisprudenza e dal 2001 è presidente di una cooperativa sociale di Benevento (fornisce servizi dedicati a persone svantaggiate ed emarginate). Tra il 2012 e il 2018 è stato presidente del Consorzio ASIS delle Cooperative Sociali della Regione Campania, organizzazione specializzata nell'attuazione di progetti europei. Tecce si occupa anche di tutela del territorio, valorizzazione e conservazione del patrimonio culturale e paesaggistico tra Sannio e Alta Irpinia. Lo fa attraverso l'associazione "I Coccioni". "Storia di un presidente che si credeva un topo" è il suo primo romanzo. È autore anche di "L'agente della Terra di Mezzo", il diario di un viaggio in bicicletta in terra irpina, e di due raccolte di poesie.



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