Italia e fondi UE. L'analisi della Uil: "Non solo esercizio di mera ragioneria per calcolare i vantaggi"

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Lente d'ingrandimento puntata sul bilancio UE. Un'analisi della UIL Servizio Politiche Territoriali confronta i trasferimenti al nostro Paese e quanto lo stesso riceve indietro come finanziamento. 

E' noto che l’Italia è uno dei cosiddetti Paesi “contribuenti netti” del bilancio europeo; questo significa che versa nelle casse di Bruxelles più di quanto riceve indietro attraverso i fondi strutturali e di investimento europei (Ricerca, occupazione, sviluppo, infrastrutture, migranti ecc.). Mediamente l’Italia versa nelle casse di Bruxelles, secondo l’elaborazione della UIL Servizio Politiche Territoriali, che ha analizzato l’andamento dei flussi finanziari tra Italia e Bruxelles, 15,1 miliardi di euro l’anno e ne riceve 9,4 miliardi di euro, con un saldo negativo di circa 5,7 miliardi di euro.

In particolare, per il periodo 2014-2018 (il periodo nella legislatura del Parlamento Europeo), l’Italia ha versato all’Unione Europea 75,5 miliardi di euro ricevendone 47 miliardi di euro con un saldo negativo di 28 miliardi di euro. Specificatamente nel 2014 sono stati versati all’Unione Europea 14 miliardi di euro ricevendone in cambio 8,9 miliardi di euro; nel 2015 sono stati versati 15,3 miliardi di euro e ne sono stati ricevuti 11,3 miliardi di euro; nel 2016 a fronte di 15 miliardi di euro versati ne sono stati ricevuti 9,8 miliardi; nel 2017 sono stati versati 14,9 miliardi e ricevuti 8,1 miliardi; nel 2018 sono stati versati 16,2 miliardi di euro e ricevuti 8,8 miliardi.

L’anno in cui il saldo negativo dei rapporti finanziari tra Italia e Unione Europea è stato minore corrisponde al 2015, quando grazie alla chiusura del ciclo di programmazione dei fondi comunitari 2007-2013, abbiamo speso oltre 9 miliardi di euro di fondi comunitari in un anno.

Sempre secondo l’analisi della UIL Servizio Politiche Territoriali per il periodo 2014-2020 il nostro Paese tra fondi comunitari (44,6 miliardi di euro) e cofinanziamento nazionale (30,5 miliardi di euro), dispone di circa 75,1 miliardi di euro. Al 31 dicembre del 2018, in pratica a metà del periodo di programmazione, il nostro Paese ha impegnato in progetti 46,7 miliardi di euro (il 62% del totale), e ha rendicontato a Bruxelles solo 17,3 miliardi di euro (il 23% del totale). Tra l’altro tre Programmi a fine dello scorso anno non hanno superato il target di spesa: il PON Ricerca e Innovazione (45 milioni di euro), il PON Inclusione (24,6 milioni di euro), il POR Valle
d’Aosta (1,4 milioni di euro).

fioravante bosco“La questione dei contributi all’Unione Europea – dichiara Fioravante Bosco (Uil Av/Bn) - non deve essere analizzata solo guardando alle cifre nette, come se i che versiamo servissero solo ad andare ad alimentare le spese di Bruxelles, ma va vista a 360 gradi analizzando i vantaggi che ricaviamo facendo parte dell’Unione Europea, ad iniziare dalla libertà delle persone di vivere, studiare e lavorare dove vogliono. Tra l’altro – continua il sindacalista - il saldo tra il nostro Paese e l’Unione Europea è influenzato, anno dopo anno, dalle performance, non proprio positive, delle nostre istituzioni nell’utilizzo dei Fondi Strutturali Europei e di Investimento Europei. Va sempre tenuto in considerazione come i fondi comunitari siano destinati ad aumentare gli investimenti pubblici e a ridurre le diseguaglianze tra territori in settori vitali, quali quelli della ricerca e innovazione, infrastrutture, occupazione e istruzione. Le debolezze del sistema italiano nell’utilizzo dei fondi comunitari sono note – conclude Bosco – perché burocrazie, sistemi amministrativi “fragili”, codice degli appalti che cambia in continuazione e rallenta la spesa. Il nostro Paese dovrebbe fare una grande battaglia a Bruxelles per scorporare dal deficit il cofinanziamento italiano. Non va mai dimenticato che, la maggior parte della spesa per gli investimenti nel nostro Paese (34 miliardi di euro l’anno), è dovuta all’utilizzo dei fondi comunitari. Uno dei primi impegni che spetta ai neo eletti italiani al Parlamento europeo sarà proprio questo: mettere mano al nuovo Quadro Pluriennale Finanziario 2021-2027 e ai Regolamenti della Politica di Coesione e del Politica Agricola Comune”.



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