Il vescovo Battaglia in visita alla Casa di Cura Gepos di Telese Terme - FOTO

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Il presule telesino: “Accogliete con gli occhi e curate con la sapienza delle vostre mani”.

“Gli occhi arrivano sempre prima delle mani. Con uno sguardo la persona sofferente può sentirsi accolta e viva, con uno sguardo può essere ferita. Nelle vostre mani, in aggiunta alla sapienza, riponete sempre il cuore. Grazie, grazie a voi, perché vi prendete cura, mettendovi a servizio di chi soffre”.

Con queste parole, monsignor Mimmo Battaglia, vescovo della Diocesi di Cerreto Sannita, Telese e Sant’Agata de’ Goti – ha concluso l’omelia della Santa Messa celebrata oggi, 15 dicembre, presso la cappella della Casa di Cura Gepos di Telese Terme. Una celebrazione voluta in suffragio di monsignor Vincenzino Canelli, già cappellano della clinica, alla presenza di don Giuseppe Oropallo attuale cappellano e presidente della pastorale sanitaria della Diocesi, e di don Gerado Piscitelli, parroco della cittadina termale.

Una Eucarestia amministrata per un preciso obiettivo che i dirigenti della Casa di Cura, il dottore Antonio De Vizia e la dottoressa Marcella De Vizia, perseguono senza mai deflettere: l’umanizzazione della struttura ospedaliera, un luogo in cui curare il corpo e lenire lo spirito affaticato e impaurito.

Don Mimmo Battaglia, ribattezzato il “prete di strada” per essersi sempre interessato ai più deboli ed emarginati, ha voluto come prima cosa stringere la mano di ogni persona presente all’interno della Casa di Cura, che fosse un ricoverato, che fosse lì per un semplice controllo. “Se siete qui non va bene, ma abbiate speranza e sarete rasserenati – ha detto il Vescovo nel parlare con ogni singolo degente, di ogni alloggio, di ciascun reparto”.

“Toccare con mano quella che è la ferita di tanti nostri fratelli è il modo di ritrovare la dimensione più autentica, più vera della nostra umanit࣠ha spiegato mons. Battaglia anticipando le parole del dottore Antonio De Vizia. Il presidente del Gruppo sanitario, in un commovente messaggio rivolto ai pazienti e al personale della clinica, ha spiegato: “Il Signore ci ha concesso di perseguire, giorno dopo giorno, la umanizzazione di una struttura sanitaria. Cerchiamo nel nostro piccolo di curare anche l’anima, con rispetto e amore. Non abbiamo presunzione di riuscirci ma, vi assicuro, ce la mettiamo tutta. Per questo dico grazie, grazie alla Chiesa, grazie a Lei e ai due cappellani per essere qui, ad aiutarci a curare e ad alleviare”.



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