Femminicidio, Giulia Cecchettin è la 105esima vittima. La dura accusa della sorella: "Lo Stato è complice"

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Giulia Cecchettin (foto da Instagram)Giulia Cecchettin (foto da Instagram)

La morte della ragazza di Vigonovo ha riacceso i riflettori sulla drammatica piaga della violenza sulle donne. I numeri drammatici della violenza contro le donne, i campanelli d'allarme e le iniziative per sensibilizzare.

La morte di Giulia Cecchettin, 25 anni, uccisa a Vigonovo, in Veneto, dal suo ex fidanzato, ha scosso non solo l'Italia, riportando l'attenzione sul tema dei femminicidi, che continuano a crescere nel nostro Paese.

Secondo i dati del ministero dell'Interno, da gennaio a oggi sono state 102 le donne uccise in Italia, di cui 82 in ambito familiare/affettivo. Di queste, 53 hanno trovato la morte per mano del partner o di un ex partner. Una cifra drammatica che, rispetto allo scorso anno, è aumentata del 4%.

La sorella di Giulia, Elena, ha lanciato un duro j'accuse allo Stato: "Lo Stato è complice perché non condanna apertamente questi episodi, non dice le cose che dovrebbe, non rende sicure le donne".

Le parole di Elena Cecchettin sono condivise da molti esperti, che denunciano le lacune del sistema antiviolenza italiano. Secondo un'indagine di Eurispes, solo il 20% delle donne che subisce violenza denuncia il suo aggressore.

Per quanto toccante, questa tragica vicenda costituirà sicuramente uno spartiacque. Lo si legge nella volontà della sorella di Giulia, Elena; nelle parole del padre, Gino; nell'eco che la vicenda ha avuto sia a livello nazionale, ma anche europeo: evitare che in futuro altre ragazze possano essere vittime di femminicidio.

A qualcuno, però, non piace questo atteggiamento. Qualcuno ritiene che la famiglia si debba chiudere nel dolore ed evitare commenti. Insomma, pare proprio che a una frangia della nostra società non piaccia vedersi sbattuta in faccia una evidente verità. Se certi atteggiamenti esistono, esistono anche perché la società italiana è permeata ancora da una “cultura patriarcale”. Quella mentalità di “padre e padrone” che sembrava relegata agli annali della storia italiana precedenti il ‘68 e il nuovo diritto di famiglia del ‘75.

Poi c’è qualcuno che invece di tacere, forse per cercare il suo minuto di celebrità, non esita a fare dichiarazioni strampalate e farneticanti attaccando la vittima e/o i suoi familiari. Sapendo, forse, che tanto più può far parlar di sé, quanto più farneticanti e strampalate sono le sue uscite. Come il politico locale che accusa Elena di satanismo.

Ed è questa la mentalità messa sotto accusa da Elena che ancora emerge e sul cui humus attinge la violenza maschilista che porta poi ai femminicidi. Quella che tenta di annientare la donna, umiliarla.

Campanelli d'allarme

Ma quali sono i campanelli d'allarme per riconoscere una relazione tossica? Secondo gli psicologi, psichiatri e sociologi, alcuni segnali da tenere d'occhio sono i seguenti:

Controllo eccessivo: il partner cerca di controllare ogni aspetto della vita della donna, dalle sue amicizie ai suoi spostamenti.
Isolamento: il partner cerca di isolare la donna dai suoi amici e familiari, rendendola sempre più dipendente da lui.
Minacce e violenze verbali: il partner minaccia o insulta la donna, provocandole ansia e paura.
Violenze fisiche: il partner arriva a usare la violenza fisica, causando danni fisici alla donna.

Iniziative per sensibilizzare l'opinione pubblica

Negli ultimi anni, sono state promosse diverse iniziative per sensibilizzare l'opinione pubblica sul tema dei femminicidi. Tra queste, la campagna "Non una di meno", che ha portato in piazza migliaia di donne in tutta Italia, e la campagna "Ogni donna è un'altra storia", che ha raccolto le storie di donne vittime di violenza.

La campagna "Non una di meno": nata nel 2016, la campagna ha l'obiettivo di promuovere la parità di genere e contrastare la violenza contro le donne.
Il simbolo della scarpa rossa: le scarpe rosse sono un simbolo di denuncia contro la violenza sulle donne. In molte città italiane sono stati organizzati eventi per esporre scarpe rosse in luoghi pubblici.
La Giornata nazionale contro la violenza sulle donne: si celebra il 25 novembre di ogni anno. In questa giornata vengono organizzate iniziative per sensibilizzare l'opinione pubblica sul tema.

Il Governo ha annunciato una serie di iniziative per contrastare la violenza contro le donne, tra cui l'aumento dei fondi per i centri antiviolenza - i centri antiviolenza sono strutture che offrono assistenza alle donne vittime di violenza – e l'introduzione di nuove norme per punire più severamente i reati di violenza sulle donne; le nuove norme prevedono, tra l'altro, l'introduzione della pena dell'ergastolo per i femminicidi.

Il sociologo Paolo Crepet, in un suo recente intervento, ha però messo in guardia: chi commette un femminicidio non pensa certo alla durezza della pena cui può andare incontro, la pena non è un elemento di dissuasione dal commettere violenza. Insomma, la durezza e certezza della pena serve per evitare di ritrovarsi in giro dopo poco tempo un elemento pericoloso che non di rado torna a minacciare le sue vittime o a farne altre. Ecco quindi che torna la riflessione a cui ci invita tutti Elena: cambiare mentalità, chiudere con la “cultura del patriarcato”. 



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