Caritas, una rete di grande coesione sociale. Intervista al direttore don Nicola De Blasio

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Don Nicola De Blasio Don Nicola De Blasio

Benevento. In occasione del Natale, ilQuaderno ha intervistato don Nicola De Blasio, direttore della Caritas di Benevento, che dal suo osservatorio privilegiato ha il polso della situazione sulle necessità dei nuovi poveri e sul disagio sociale che si vive - purtroppo sempre più - anche nel Sannio.

A Natale, si sa, siamo tutti ricchi di buoni propositi. Di norma, questi finiscono riposti nella scatola degli addobbi natalizi, pronti per essere riesumati l’anno successivo. Vi è invece chi non solo coltiva tutto l'anno tali intenzioni, ma le accompagna con azioni concrete. Come Don Nicola De Blasio, direttore della Caritas Diocesana di Benevento ed il suo vice, Don Sergio Rossetti con il supporto dei volontari, impegnati sui vari fronti in cui la Caritas espleta la sua azione di recupero e di formazione.

Don Nicola De Blasio si spinge oltre e auspica che la Caritas scompaia presto e dice in modo provocatorio: “Se scomparisse vorrebbe dire che avremmo realizzato tutti i nostri obiettivi.”

Don Nicola, come definirebbe la Caritas?

Al momento la si potrebbe definire una grande rete che abbraccia progetti ed impegni di grande coesione sociale.

In che modo esplica la sua attività?

L’espressione più eclatante e concreta della sua operosità è probabilmente la distribuzione dei 600 pasti mensili. In realtà se ne servono altri 6000 al mese, da asporto, ai nuovi poveri, insospettabili. Tra loro anche impiegati, che pur percependo uno stipendio mensile dignitoso che può aggirarsi intorno a 1.500 euro, vedono ridursi la capacità di sostentarsi in caso di situazioni di disagio, quale può essere, ad esempio, il fallimento matrimoniale. L’icona del nuovo povero, dunque, è cambiata, non è più assimilabile esclusivamente alla figura del clochard.

C’è un fiume umano la cui gestione è possibile solo in un’ottica olistica, in cui ciascuno deve intervenire in relazione a competenze e capacità. La povertà sarà cronicizzata per coloro che non avranno più la possibilità di rientrare nel mondo del lavoro, a seguito dell’esaurimento degli ammortizzatori sociali. Per alcuni va scemando anche la possibilità di sostentarsi grazie al supporto pensionistico dei nonni. Quando andrà a regime il sistema pensionistico retributivo, che soppianterà definitivamente quello contributivo, il numero di poveri sarà inevitabilmente destinato ad aumentare.

Ritiene che la politica locale debba trovare una dimensione di cooperazione con chi si fa carico del disagio?

Si. Anzi, sarebbe opportuno cominciare a lavorare insieme per trovare una soluzione, che sarà inevitabilmente da ricercare. “Per quattro anni abbiamo sopperito a situazioni di estrema povertà con l’istituzione del market solidale”. Il market solidale è stato attivo dal 2010 al 2014 ed ha avuto un iter progettuale lungo un anno, perché si potessero fattivamente coinvolgere enti pubblici ed imprese locali a garanzia della sistematicità dell’intervento. Fino a quando è stato operativo si è avvalso della collaborazione di catene commerciali locali per la cessione gratuita di prodotti alimentari in scadenza e della donazione da parte di grandi aziende del settore agroalimentari presenti sul territorio.

Chi è oggi il destinatario tipo dell’assistenza alimentare?

Ancora oggi al pacco alimentare possono accedere famiglie selezionate per insufficienza di reddito, secondo criteri individuati dall’Istat e studiati da INRAN (Istituto Nazionale per la Ricerca e la Nutrizione NDR). Nell’ottica dell’approccio formativo e non solo assistenzialista, la Caritas non si limita ad elargire risorse, ma si occupa anche di educare le famiglie in questione alla sobrietà dei consumi e all’educazione alimentare. E spesso, tra queste famiglie vi sono quelle che hanno un familiare dedito al vizio del gioco, ultima frontiera tra le dipendenze.

Come possono i cittadini di buona volontà cooperare con la Caritas?

Basterebbe semplicemente occuparsi del prossimo più prossimo. Nei nostri condomini vivono anziani e persone in situazione di necessità, anche solo affettiva. Non occorre, dunque, guardare tanto più in là per prestare opera di volontariato. Inoltre, per impegnarsi nel volontariato basta dichiarare la propria disponibilità sul sito della Caritas. Tanti sono i progetti di promozione del “Welfare welcome”. La Caritas è il luogo privilegiato in cui fioriscono e si realizzano le idee.

Abbiamo parlato sinora del disagio sociale dei “nostri poveri”, ma sappiamo che c'è un ampio margine di emarginazione e disagio per i nuovi arrivati, per altre culture. Cosa si riesce a fare con loro?

E’ dalla contaminazione che avvengono i miracoli più insperati. Abbiamo un rapporto di reciproca inclusività con l’Imam Mustafà Ibraim, responsabile della comunità musulmana di Benevento. L’integrazione passa attraverso la conoscenza delle reciproche culture e quest’ultime passano attraverso la conoscenza della lingua. Da anni Ibraim insegna arabo ai cittadini di Benevento e a sua volta si fa promotore dell’apprendimento della lingua italiana presso la sua comunità.

E sul tema dell’accoglienza migranti su quale terreno si si muove la Caritas?

Abbiamo accolto un nucleo di migranti a Petruro Irpino che si è perfettamente integrato nel tessuto locale. Da poco la nascita di un bambino ha reso ancora più coesi i due gruppi.

L'attività della Caritas, dunque, si dipana attraverso varie azioni, è una rete che cerca di tenere legato insieme il tessuto sociale a vari livelli. Tra le iniziazitive che ci sono state illustrate prendiamo ad esempio il Centro “E’ più bello insieme”, punto di ritrovo culturale per politiche di sviluppo a favore delle persone più fragili, cui si garantisce assistenza psicoterapeutica e possibilità di espressione attraverso i canali catartici del teatro, dell’artigianato, del disegno, ma anche attraverso la sana pratica dello sport. L’intreccio tra professionalità e volontariato è alla base dei principi con cui opera la casa di accoglienza per minori “La gabbianella e il gatto”. Destinatari del servizio sono minori, la cui età va dai 4 ai 13 anni in situazione di temporanea o permanente difficoltà a vivere presso la famiglia di origine. Gli operatori, tutti qualificati, cercano di ricreare il calore e l’accoglienza che la crescita dei ragazzi richiede.

Nell'intervistare don Nicola De Blasio, abbiamo incontrato anche il vicario generale della Diocesi di Benevento, monsignor Pompilio Cristino, in visita alla Cittadella della Carità, per il quale la Caritas significa accoglienza. “Se riusciremo a coniugare il verbo accogliere in tutti i luoghi in cui la persona si relaziona con l’altro” - ci dice - “avremo realizzato la finalità della Caritas: riconoscere dignità a tutti. Prima ancora che di un piatto caldo la persona ha bisogno di essere riconosciuta come tale”. 

Sonia Caputo

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