8 Marzo : Al Centro Italiano femminile di San Giorgio del Sannio si parla di femminicidio

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Su iniziativa del Cif – Centro Italiano femminile – di San Giorgio del Sannio, si è svolto, presso l’Auditorium Comunale “Cilindro Nero” della stessa località, nella serata di sabato 8 Marzo, un incontro sul tema “Femminicidio : educhiamo alla non violenza”. Presenti all’incontro la vice presidente regionale del Cif Campania Marinella Gargiulo Nazzaro, l’assessore alla cultura e alle politiche scolastiche Dina Camerlengo, il comandante della Compagnia Carabinieri di Benevento, Capitano Sabato D’Amico accompagnato dal maresciallo Pietro D’Alì, la poetessa Ada Carruba e mons. Aurelio Capone; ha svolto la funzione di moderatrice Elvira Repola, vicepresidente provinciale Cif.
L’incontro si apre, dopo i saluti di rito ai convenuti da parte della Repola, con la lettura accorata e appassionata di una poesia da parte della Carruba :“L’amore che uccide”, a cui seguono le parole di mons. Capone che tiene a precisare la centralità della donna anche nella fede e, in particolare, la figura di Maria, non solo madre del Redentore, ma anche massima espressione della dignità femminile, valore che non va mai dimenticato ed alla cui affermazione deve concorrere necessariamente anche l’uomo, come testimone attivo di tale dignità e mai demolitore di essa. La parola passa alla Gargiulo Nazzaro che, dopo aver espresso il proprio compiacimento per la numerosa presenza all’incontro di uomini e giovani che ridimensionano la frequente autoreferenzialità femminile negli incontri che parlano di donne, ricorda il contenuto della “Dichiarazione sull’eliminazione della violenza contro le donne” adottata dall’ ONU nel dicembre del 1993 che auspica la "necessità urgente per l'applicazione universale alle donne dei diritti e dei principi in materia di uguaglianza, la sicurezza, la libertà, l'integrità e la dignità di tutti gli esseri umani". Dopo aver affermato che le violenze possono essere anche psicologiche oltre che fisiche, ella precisa che il termine ‘femminicidio’ indica l’uccisione di persone solo in quanto donne, non un omicidio qualunque dunque, ma una violenza senza alibi, con un’unica motivazione di genere. Ricorda poi la forma della violenza “assistita”, quella cioè di un minore che assiste alle violenze domestiche sulla madre finendo, in questo modo, per essere lui stesso oggetto di violenza, situazione che può avere inoltre l’esito tragico di diventare modello normale di un gesto che produrrà una possibile successiva normalità di comportamento deviato. Un ruolo fondamentale gioca, nella ricerca di situazioni di sofferenza familiare, la scuola, luogo privilegiato nella individuazione di possibili violenze domestiche e della loro necessaria denuncia. Troppe, negli ultimi tempi, le vicende della cronaca che parlano di donne uccise dai loro compagni, di donne segregate in casa, di donne insidiate da fenomeni di stalking, di donne torturate, private di ogni dignità e ridotte a puro oggetto di possesso, di donne che hanno l’unica colpa di essere donne. Contro gli stereotipi della tradizione che vogliono che l’uomo abbia precisi comportamenti di superiorità sulla donna, anche nella gestione delle semplici incombenze familiari, sarebbe opportuno rivalutare invece il ‘valore della diversità’, il valore sacro del corpo che non è oggetto separato dalla mente, quasi che il corpo fosse asessuato e la mente fosse una facoltà senza genere. Le differenze fisiche, continua, non possono essere considerate alibi di discriminazione, ma piuttosto occasione di crescita consapevole. I movimenti femministi degli anni ’70 devono essere letti, non solo come movimento di liberazione femminile, ma anche come occasione di liberazione maschile da stereotipi comportamentali che finivano per impedire agli stessi uomini di esprimere liberamente il loro patrimonio emozionale. Viene sollevato poi da Repola il tema del bisogno di nuovi stereotipi che solo la cultura e la scuola possono consentire di far nascere. D’Amico ricorda che il femminicidio è l’atto finale di un comportamento che l’Arma non può che registrare e, nonostante il Ris abbia istituito un “reparto di analisi criminologiche” che studia i fattori di violenza domestica con la ricerca delle loro cause, rimane fondamentale la denuncia di tali fenomeni da parte delle donne, denuncia faticosa per le vittime spesso succubi della vergogna. Se “la civiltà è frutto di un processo educativo” come affermato dal filosofo Popper e ricordato nella testimonianza dell’assente Ambrosini e letta dalla Repola, il femminicidio non a niente a che fare con l’amore, ella precisa, è solo espressione di sopraffazione egoistica a fronte della quale è necessario dire basta alla visione della donna come proprietà. Chiude gli interventi la Camerlengo che, sintetizzando e condividendo i concetti già esposti, testimonia la volontà dell’istituzione locale di sostenere la lotta culturale al femminicidio e quello allo sviluppo del processo culturale che porta al necessario atto di denuncia.
L’incontro si conclude con la proposizione di quesiti ai relatori presenti da parte di alcuni studenti dell’Istituto “Virgilio” di San Giorgio ed il conferimento, da parte del Cif, di pergamene a donne del territorio distintesi per qualità umane, doti di abnegazione familiare e significativi valori femminili.
Eusapia Tarricone





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