Teatro, la Napoli eterna di 'Baccalà' messa in scena dalla Solot

11:2:9 7302 stampa questo articolo

Il forte filo conduttore della ‘tristezza-gioia’ delle opere di Eduardo De Filippo, ha fatto da protagonista nel poemetto “Baccalà…tene ’a guerra ’ncapa”, opera messa in scena, nella serata di domenica 10, all’interno del Mulino Pacifico. Per la stagione Obiettivo T, della Solot compagnia stabile, per la direzione artistica di Michelangelo Fetto e Antonio Intorcia, attraverso la rappresentazione de “La Genio Spettacoli – Teatro Bellavist” di Enzo Attanasio, è stato portato in scena il poemetto di Eduardo De Filippo, atto unico in prosa, versi e musica, con Fiorenza Calogero (voce e tammorra) e Marcello Vitale (chitarra battente), musiche Marco Zurzolo , scene Tonino Di Ronza, costumi e “disegni di scena” di Annalisa Ciaramella ,regia Enzo Attanasio.
Le musiche dolci e languide della Napoli dell’inizio del secolo scorso hanno riempito l’aria, contemporaneamente hanno richiamato alla mente i sentimenti e le emozioni di un popolo semplice, ma sincero, di una società a cui bastava poco per accettare la vita povera e ricca di affetti che li vedeva protagonisti. Nell’atto unico che Eduardo De Filippo scrive nel 1949 e in cui descrive un personaggio tipico di una Napoli eterna, imprigionato e descritto in versi, racconta un quadro di semplicità e sacrifici in cui si fa avanti la figura di Baccalà, un Gennarino napoletano a cui non mancano gli affetti, l’amicizia e la complicità di quanti gli stanno intorno, un uomo sereno a cui piace annunciarsi agli altri, mentre girovaga per i vicoli chiassosi e pieni di umanità, che lo riconoscono e lo acclamano, facendolo sentire appagato e vivo. La serenità è, però, di breve durata, la Grande Guerra è alle porte e Gennarino diventa solo uno dei tanti soldati-poveri che vengono quasi inspiegabilmente festeggiati perché stanno partendo per una guerra in nome dell’Italia. Ancora e ripetutamente, le musiche di melodie poetiche famose come “Era de maggio” e ‘O surdato ‘nnammurato”,  accompagnano le vicende, quasi ad immortalare gli attimi e le voci del cuore, tutto secondo il copione della musica alternata ed intrecciata al monologo di Attanasio, il protagonista. Magro, quasi scheletrico, per quella normale povertà di cui è sempre stato vestito, Gennarino, nei panni militari, diviene subito oggetto di sarcasmo da parte di quanti stanno con lui, e già questo lo spaventa, togliendogli la prima certezza di una normalità ormai quasi viscerale. Gli orrori della guerra procedono con la consapevolezza che ‘ il re viene prima e Baccalà deve fare la guerra’, tutto nella consapevolezza che la vita ‘è come un’orologio che si sfregia’. Dopo un tempo quasi infinito, la guerra finisce e giunge il tempo di tornare a casa, istante magico che promette la ricostruzione di una vita dilaniata, momento incantato che annuncia abbracci affettuosi, teneri attimi di antiche carezze, il ritorno alla vita. Il tornare a casa rivela però a Gennarino un’amara verità, il suo mondo è cambiato, i suoi affollati e chiassosi vicoli, nei quali cerca affannosamente gli affetti perduti, sono diventati vuoti di umanità e pieni di silenziosa rassegnazione, popolati da disillusione e amaro cinismo, luoghi nei quali per lui non c’è più posto ed in cui nessuno sa più chi è Baccalà. Doloroso risveglio di un uomo che, come tanti come lui nel tempo, giunge alla consapevolezza di aver perduto la propria identità, quel carattere distintivo della vita umana senza il quale l’esistenza sembra perdere ogni significato, in un processo che non è solo napoletano, ma universale. E’ il momento dell’arguta e profonda analisi della vita di Eduardo, la disincantata analisi di un’umanità affannata nella ricerca del senso più profondo di un vivere che è alla mercè degli eventi, di certezze che si rivelano illusorie e che perciò distruggono. Riflessioni che forse inconsapevolmente, ma inevitabilmente, portano Gennarino a porre fine alla sua esistenza, a chiudere una vita di cui nessuno conosce più, né vuole conoscere, le più intime sofferenze. Il personaggio di Eduardo si rivela dunque uno fra i tanti ‘Baccalà’ che sono fra noi, tra follia, voglia di vivere e sopravvivere fra eventi tragici come le guerre o gli infiniti conflitti della quotidianità, versi, musica ed immagini che, grazie ad una convincente interpretazione, hanno coinvolto i presenti nel breve, ma intenso tempo dell’atto unico di Eduardo.
Eusapia Tarricone



Articolo di / Commenti