Migranti 'sanniti', appello al Prefetto: 'No al ritorno in Libia, ci ammazzeranno'

14:32:54 2021 stampa questo articolo

Due video amatoriali. Nel primo un soldato mercenario arruolato da Gheddafi e catturato dai ribelli, nell'altro uno dei migranti attualmente ospite in una struttura del beneventano che riprende i sorrisi smarriti dal barcone in fuga dalla guerra libica, dopo tre gioni di navigazione senza cibo in attesa di approdare in Sicilia. Sono le storie di Ibra, Ebrima e di altri ragazzi che hanno preferito restare in anonimato: in Italia per esigenza, in fuga da una guerra che li avrebbe condannati a morte. Senegalesi, gamibiani, guineani, fuggiti dai loro paesi d'origine hanno cercato fortuna in Libia, ma quando anche lì è scoppiato il conflitto civile, la nuova fuga verso l'Italia: "I cittadini subsahariani sono considerati mercenari del regime di Gheddafi - hanno raccontato i migranti oggi a Palazzo Mosti - non possiamo più tornare in Libia, non è come prima, ora siamo praticamente condannati a morire. Noi siamo in Italia per salvarci, non era nei nostri progetti di vita venire qui, siamo stati costretti dalla guerra. Ora però chiediamo aiuto alle istituzioni italiane, se la strada per il permesso d'asilo è lunga, almeno un anno di protezione umanitaria". Sono 86 i migranti "sanniti" che hanno fatto domanda d'asilo politico alla Commissione Territoriale di Caserta: domande puntualmente respinte con motivazioni quantomeno discutibili. Il dato è stato fornito stamane dalla Rete Commons di Benevento che ha presentato presso la sala consiliare di Palazzo Mosti, il bilancio di un anno di permanenza nel Sannio dei rifugiati della guerra libica, ribattezzato "La fabbrica dei clandestini".
I richiedenti asilo sono ospitati dal 18 maggio del 2011 nelle province di Benevento e Avellino e più precisamente a S.Giorgio del Sannio, Bonea, Flumeri e Roccabascerana: 123 in tutto e di questi soltanto due ivoriani ospiti a Roccabascerana sono riusciti ad avere quantomeno una concessione di protezione umanitaria a tempo. Per tutti gli altri la concreta possibilità di essere rispediti in Libia, nonostante l'esistenza di alcuni casi "estremi" che la Commissione Territoriale di Caserta ha respinto senza troppi complimenti: dubbi sulla credibilità delle versioni presentate dai migranti, nonostante la certificazione di carte ufficiali, attestati di studio o lavoro o referti medici: "In alcuni casi è stata messa in dubbio anche la loro provenienza - hanno spiegato i rappresentanti di Rete Commons - e la loro etnia di appartenenza per motivi somatici assurdi". Nulla in confronto al fatto che migranti e rappresentanti dell'associazione beneventana hanno assicurato alla stampa presente "che la Commissione casertana aveva già deciso e preannunciato che nessuno avrebbe ottenuto il permesso", come per dire che tutto era già stato deciso dal principio e che la commissione non ha effettivamente letto le testimonianze dei richiedenti asilo. Una denuncia forte contro una commissione giudicata dagli attivisti di Rete Commons "tra le peggior quanto a numero di dinieghi". La Commissione di Caserta, che ha competenza per i richiedenti asilo in Campania, Molise, Marche e Abruzzo, risulta effettivamente essere la più severa secondo i dati del report della Rete Commons (dati del Ministero dell'Interno): ben 59,26% di dinieghi, media più alta rispetto a quella della totalità delle commissioni territoriali italiane che raggiunge il 52,5%. La forbice si allarga se si considera solo l'anno 2011 (quello dei grandi esodi per i confiltti in Africa) dove Caserta tocca il 68,1% di dinieghi rispetto al 57,9% della media nazionale.
"Sono rimasto sorpreso e deluso dalla decisione della Commissione di rifiutarci la richiesta d'asilo - ha confessato in inglese Ibra, uno degli ospiti di S.Giorgio del Sannio - le nostre motivazioni sono valide e certificate ed in questo anno abbiamo dimostrato ulteriormente di essere bravi cittadini visti i buoni rapporti che abbiamo instaurato con i sangiorgesi". Le storie dei "migranti sanniti" sono drammatiche: Ebrima Sanyang ad esempio, guineano di 27 anni, studente a Serekunda con ottimi risultati, eletto presidente nazionale del Gamsu (Gambia Student's Union), costretto a scappare dopo le azioni repressive dell'attuale presidente guineano Yahya Jammeh: "Il Gamsu è stato sciolto dal governo - si legge nel report - che lo ha sostituio con il Napsa ed ha costretto gli ex membri del Gamsu a fuggire perchè a rischio persecuzioni". La testimonianza di Ebrima è documentata ma non è bastata alla Commissione di Caserta, neppure per una semplice protezione umanitaria a tempo. Poi c'è la storia di Lamin, catturato e torturato durante la guerra civile (il conflitto della Guinea Bissau è stato tra i più atroci con violazioni e abusi dei diritti umani ripetutamente denunciate da Amnesty International) con gravi disturbi psichici a causa dei maltrattamenti subiti: anche in questo caso non sufficienti per strappare il permesso.
"Ci troviamo bene a S.Giorgio del Sannio ed a Benevento - ha riferito Ebrima - ma vivere senza documenti e con il rischio di essere rispediti in Libia dopo un viaggio massacrante dove abbiamo perso tutto, significa per noi la fine: se dovessimo ricevere anche il dinego dal Tribunale di Napoli per noi non ci sarà nessuna speranza". Lo scorso 30 aprile in fatta, i rifugiati ospiti al cento "Padre Pio" di S.Giorgio del Sannio, hanno inviato una lettere al Prefetto di Benevento e pervenuta alla dottoressa Rita Circelli: nella nota la delusione della decisione della Commissione e la speranza dal Tribunale di Napoli: "Abbiamo presentato appello e siamo ora in attesa di essere convocati dal Tribunale - si legge nella lettera - vorremmo che lei considerasse i nostri desideri e saremmo lieti se, a titolo personale, quale rappresentante del Governo, volesse chiedere al governo italiano di concederci almeno un anno di protezione umanitaria. Siamo gente pacifica, come abbiamo mostrato nel nostro soggiorno in Campania".
Gaetano Vessichelli



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