Olio nel Sannio, stagione difficile. Masiello (Coldiretti): 'E' tempo di sfruttare le nuove tecnologie'

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“La furia di Attila con vento forte e precipitazioni si abbatte sulla raccolta di olive che è in pieno svolgimento in Italia con grandi difficoltà che fanno stimare un calo della produzione dell’olio di oliva del 30%". E’ quanto emerge da un monitoraggio ella Coldiretti sugli effetti dell’ondata di maltempo che sta sferzando l’Italia dopo un mese ottobre bollente che ha già abbattuto migliaia di piante e rami e sta creando grandi difficoltà nelle campagne. Il cambiamento improvviso delle condizioni climatiche - sottolinea la Coldiretti - sta ostacolando le operazioni di raccolta a macchia di leopardo lungo tutto il territorio con la caduta dei frutti in una annata particolarmente scarsa, con una produzione stima attorno a 300mila tonnellate. In queste condizioni l’Italia rischia addirittura di perdere il secondo posto come produttore mondiale dietro la Spagna a favore della Grecia. L’Italia - conclude la Coldiretti – può contare su un patrimonio di circa 250 milioni di piante su 1,1 milioni di ettari di terreno con un fatturato del settore stimato in 2 miliardi di euro ed un impiego di manodopera per 50 milioni di giornate lavorative”. È questo il comunicato nazionale ufficiale che la Coldiretti ha rilasciato in merito alla grave crisi agricola che ha colpito il settore olivicolo. Il focus sul Sannio ha però ben altri numeri. Nella provincia di Benevento infatti la raccolta ha subito ingenti limitazioni a tratti il 50% e in altri il 70% soprattutto in Valle Telesina. A salvarsi – per modo di dire – è il Fortore che però resiste sia ad Attila sia alla “Xylella fastidiosa” - un batterio fitopatogeno che ha messo letteralmente in ginocchio anche le piante secolari – sia al cinipide( la cosiddetta mosca).
Il Quaderno.it, per rassicurare i consumatori e gli stessi agricoltori e imprenditori olivicoli ha incontrato Gennarino Masiello presidente della Coldiretti Campania e Benevento nonché vice presidente nazionale dello stesso ente.
“L’andamento – chiosa Masiello – quest’anno è stato ampiamente negativo, non solo per il settore olivicolo ma anche quello vitivinicolo. La Coldiretti proverà a sposare la causa anche se sarà difficile allertare misure specifiche che vadano a tutelare sia il produttore che il consumatore. Purtroppo la mancata produzione mette a rischio il lavoro di anni e ciò come riportato nel comunicato potrebbe compromettere anche il valore dell’intero mercato nazionale”. Alla domanda su come la Coldiretti intende agire ci risponde: “ Metteremo in campo strategie e strumenti per fare in modo che ciò non avvenga più in futuro. Sentiamo il bisogno, per tutto il patrimonio agricolo, di sfruttare le nuove tecnologie per fare soprattutto prevenzione, provando con apposite polizze assicurative a risarcire in parte i coltivatori”. Quest’anno infatti la copertura per i danni causati sarebbe stata già possibile attuarla ma questo prevedeva la compilazione delle apposite polizze entro il 30 di aprile: “ Si quello che è mancato forse, da parte nostra, è stato un apposito piano di comunicazione su tutto il territorio. Non commetteremo però nuovamente quest’errore. Purtroppo i risarcimenti post calamità sono sempre minori e tutelare imprenditori, agricoltori e consumatori risulta sempre più difficile”. Quando gli chiediamo invece dello stato dell’oliva sannita e della protezione della stessa, Masiello parla chiaro: “ L’olio sannita non ha purtroppo nessun marchio di denominazione, il DOP di prova è scaduto e abbiamo perso una grossa occasione. Ci tengo però a ribadire che stiamo lavorando per un nuovo marchio di denominazione controllata perché è questa l’unica strada percorribile. C’è però da dire che il lavoro svolto per i vitigni autoctoni è più difficile da applicare all’olivicoltura perché le aziende sul territorio che investono in questo settore sono notevolmente poche, parliamo per la maggior parte di privati cittadini che praticano una coltura di sussistenza e dunque quel che resta per il mercato è notevolmente poco”. I dubbi però che attanagliano i consumatori restano e aumento dal momento in cui scarseggia la materia prima con le olivicole costrette a correre ai ripari con l’acquisto di olive fuori regione per far fronte alle richieste. “Si – risponde Masiello – in questo caso bisogna guardare alla provenienza delle olive magari chiedendo di visionare i documenti che accompagnano l’acquisto delle stesse, sarebbe questo un sintomo di trasparenza. Siamo sicuri che non vi è un arrivo di materie dall’estero sarebbe troppo oneroso e poco redditizio. Comprare italiano resta l’unico modo per tutelarsi e far si che il mercato non crolli”.

Michele Palmieri

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