Melania Petriello, il racconto e il palcoscenico. La storia dell'Italia e del suo ottavo vizio: l'impunità

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La corruzione non fa più rumore. Anzi, sì. Se a percepirla come stonatura all'inno dell'uguaglianza, delle pari opportunità, non solo quelle di genere, sono i giovani, in tutti i sensi: una scrittrice non ancora 25enne, un regista suo coetaneo, (entrambi beneventani) una casa editrice piccola, un gruppo di lavoro di una città di provincia. Succede così, che il rumore viene amplificato e dalla piccola città di provincia, grazie a 10 penne eccellenti del giornalismo italiano (Giuseppe Crimaldi, Tiziana Di Simone, Luciano Ghelfi, Luca Maurelli, Carlo Puca, Gianmaria Roberti, Fausta Speranza, Carlo Tarallo, Vanni Truppi. Prologo: Franco di Mare; epilogo: Fabrizio Dal Passo), il racconto della corruzione si diffonde in tutto il Paese, mentre da racconto si fa scena e arriva in palcoscenico, all'Eliseo di Roma, passando per un articolato concorso messo su per le scuole. Tutto questo si chiama progetto, ma in realtà è un work in progress.
"Al mio Paese. Sette vizi una sola Italia", è la versione narrativa di Melania Petriello. Un libro, ovviamente piccolo, ma intriso di contenuti, messi su carta dopo un disarmante interrogativo dell'autrice: "dove vanno a finire le notizie quando smettono di essere cronaca ma non sono ancora memoria?". Forse nel serbatoio dei racconti e delle immagini, come quella raccontata magistralmente, vent'anni dopo, da Gianmaria Roberti sulla strage di Capaci del 1992, dal cui "pozzo nero emerge solo quella mezza dozzina di banali macellai". Dopo un corto pluripremiato, firmato da Valerio Vestoso e un contest redazionale promosso da La Repubblica che ha mobilitato sul tema della corruzione centinaia di ragazzi di tutte le scuole italiane, “Al mio Paese” è arrivato a teatro con uno spettacolo scritto e diretto da Paolo Vanacore e interpretato da Sebastiano Nardone e Stefano Abbati. I due attori interpretano un addetto alle pulizie, Giustino e un affarista, Antonio Bellassai. Universi paralleli che inspiegabilmente s'incontrano. Le loro debolezze, solo apparentemente diverse, arrivano anche a sovrapporsi, quando l'integerrimo Giustino, in un momento di confidenza, arriva a chiedere al potente Bellassai un lavoro per la sua unica figlia. Sebbene le distanze si assottiglino, il confine tra bene e male resta in piedi, forse più debole di come lo si immaginava alla partenza. Ma c'è. Non si sa se per il terrore di cadere nel baratro e di essere divorati dal fantuttismo, o per il più tenace imperativo categorico. In occasione della prima nazionale, Itaca ha promosso anche un pomeriggio di dibattito sul tema “Siamo tutti corrotti!” con personalità del mondo giornalistico, istituzionale e culturale del Paese e con la partecipazione dei ragazzi delle scuole e degli operatori del mondo della formazione. Al dibattito a cui hanno partecipato anche Giovanni Tizian, giornalista per L'Espresso che ha collaborato anche per Repubblica e che per il suo impegno vive sotto scorta dal 2011 (autore del libro "La nostra guerra non è mai finita"), Angelo Melone di Repubblica.it, il magistrato Giuseppe Battarino, Vincenzo Sapadafora, Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza, Massimo Monaci, direttore artistico del Teatro Eliseo di Roma, Fausta Speranza di Radio Vaticana, Luciano Ghelfi del TG2, Claudia Marchionni del TG5 e Carlo Puca di Panorama. "La risposta è nell'altro". Questo il titolo dell'articolo con cui Elia Zoppi ha vinto il contest redazionale Legalità e Libertà, organizzato da Repubblica@Scuola insieme al Teatro Eliseo.
Laura De Figlio



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