Dati SVIMEZ sull'economia nel Mezzogiorno. Da Roma in giu' e' profondo rosso
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È stato presentato il 27 ottobre scorso alla Camera dei Deputati il Rapporto SVIMEZ 2015 sull’economia del Mezzogiorno. Il quadro che emerge, non è confortante anche se si annota dopo sette anni di crisi profonda, uno + 0,1% sul Pil.
Qual è lo stato dell’economia al Sud? Dopo sette anni di crisi come si è ridotto il Mezzogiorno? Si riuscirà mai a colmare il divario tra Nord e Sud? Sono queste le domande a cui non è facile dare risposta e che nessuno si azzarderebbe a farlo, soprattutto dopo aver letto il Rapporto SVIMEZ 2015 sull’economia del Mezzogiorno.
L’Italia rispetto alla zona euro è in ritardo, anzi, secondo l’Associazione per lo Sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno , “l’Italia è stato l’unico grande paese europeo a registrare una crescita ancora negativa, segnando -0,4%. Nel periodo 2001-2014 il divario cumulato di crescita dell’Italia con l’Unione europea a 28 ha superato i 18 punti percentuali: -1,1% rispetto al +17% della Ue, al +16,3% della Francia, al +15,7% della Germania e al +21,4% della Spagna. Primato negativo dell’Italia anche nella dinamica della produttività: negli ultimi quindici anni, dal 2001 al 2014, il prodotto per unità di lavoro è calato in Italia del 5,8%, mentre è cresciuto nell’Unione europea a 28 del 12,5%”.
Nel 2014, secondo lo SVIMEZ il ‘prodotto interno lordo nel Mezzogiorno è calato dell’1,3%, “rallentando la caduta dell’anno precedente (-2,7%), con un calo superiore di oltre un punto percentuale rispetto al Centro-Nord (-0,2%)” . Insomma, per il settimo anno di fila il Mezzogiorno è in trend negativo, un momento? No, è la “testimonianza della permanente criticità dell’area” si legge nel rapporto.
L’Italia dunque si conferma un paese diviso a metà e ricco di diseguaglianze, anche sul piano delle natalità, appena 174mila nel 2014, “il valore più basso dall’Unità d’Italia”. Infatti, nel 2014 il Sud, si ritrova con “circa 20 mila unità, per effetto congiunto delle migrazioni verso il Centro-Nord o l’estero e per il calo delle nascite”. In 13 anni, sono emigrati dalle regioni meridionali 1 milione e 667 mila persone, in maggioranza giovani(70%, circa 526 mila).
A raddoppiare, sono anche i poveri, e non solo al Sud. I meno abbienti, erano 2 milioni tra il 2005 ed il 2008 mentre tra il 2013 ed il 2014 hanno toccato quota 4 milioni.
“In particolare la povertà assoluta sul totale della popolazione è passata dal 2008 al 2013 dal 2,7% al 5,6% nel Centro-Nord, e dal 5,2% al 10,6% al Sud. Nel 2014 la povertà assoluta ha smesso di crescere nel Centro-Nord ed è leggermente diminuita nel Mezzogiorno”. Differenze sostanziali si possono registrare anche sul reddito. Al Nord, “oltre il 50% delle persone guadagna dall’80 al 100% del reddito medio regionale; al Sud questo vale solo per una persona su cinque. Al contrario, il 61,7% delle persone guadagna al massimo il 40% del reddito medio, con punte del 66% in Campania, del 70% in Molise, e addirittura del 72% in Sicilia”.
Non va meglio sul piano dell’occupazione. Dopo 7 anni di crisi, si registra un netto -9% con 576 mila persi, solo al Sud, su circa 811mila a livello nazionale. Un salasso. Secondo lo SVIMEZ, “al Sud si è concentrato oltre il 70% dei posti di lavoro persi a livello nazionale. Da segnalare che nel settore pubblico il Sud perde 147mila posti di lavoro, mentre il Centro-Nord ne guadagna 82mila. Crescono i posti di lavoro per gli stranieri, e più al Sud (+67% a fronte del +31,7% del Centro-Nord). Negativa invece la dinamica dell’occupazione femminile: -3,2% contro +1,9% del Centro-Nord. Nel 2014 gli occupati in Italia sono cresciuti rispetto al 2013 dello 0,4%, pari a 88.400 nuovi posti di lavoro. La crescita si concentra però esclusivamente nelle regioni del Centro- Nord (+133mila) mentre continua il crollo del Mezzogiorno (-45mila).
Il numero degli occupati del Sud è sceso così a 5,8 milioni, sotto la soglia simbolica dei 6milioni; il livello più basso almeno dal 1977, anno da cui sono disponibili le serie storiche delle basi di dati”. Non basta, perché un ulteriore ‘problema’ è quello riguardante i giovani. “A perdere il lavoro nella crisi sono soprattutto i giovani under 34: oltre 1 milione 900 mila (-27,7%) i posti di lavoro persi in Italia tra il 2008 e il 2014, (-31,9% nel Mezzogiorno e - 26,0% nel Centro-Nord). Di conseguenza, nel 2014 il tasso di disoccupazione dei giovani italiani under 24 è arrivato al 43% (56% nel Mezzogiorno, 35% nel Centro-Nord)”.
Inoltre, secondo l’Istat, nel 2014 i giovani Neet, ovvero persone che non studiano e non lavorano, sono circa 3 milioni 512 mila. “Di questi – si legge nel rapporto – quasi 2 milioni sono donne (55,6%) e quasi 2 milioni sono al Sud”. Insomma, se al Centro-Nord l’occupazione femminile cresce (+135 mila unità) al Sud si registra un -71 mila unità e dunque, “un calo davvero eccezionale”.
Leggi il rapporto in sintesi